Dalla gestione pandemica alla repressione del dissenso: come funziona il governo dell’emergenza permanente

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Una cosa è stata segnalata per tempo, da chi ha osservato con sguardo critico l’intera gestione della pandemia: la rapida e profonda assuefazione a sottometterci a misure governative eccezionali. Non è un buon segnale.

Chi ha cercato fin da subito di mantenere, nei limiti del possibile, un certo distacco scettico rispetto alla narrazione egemonica, ha provato a lanciare l’allarme: le misure emergenziali, a volte inspiegabilmente incoerenti rispetto alle finalità stesse di contenimento del contagio, sono destinate a durare, a diventare la “norma”.

La critica ai governi Conte 2 e Draghi e a tutta la messinscena mediatica allestita sulla pandemia non era un esercizio polemico fine a se stesso, o un modo snob per distinguersi, o che so io. Tanto meno era un’adesione alle scempiaggini complottiste alimentate ad arte quasi sempre dagli stessi mass media che poi le stigmatizzavano (dando loro molto più spazio di quanto ne abbiano mai avuto davvero nell’articolazione reale delle nostre comunità). Una minoranza non esigua di militanti, osservatori, intellettuali ha provato a tenere aperto un dibattito che astraesse dalle dicotomie e dalle opposizioni (spesso finte e/o di comodo) su cui si è costruito il discorso pubblico “viro-centrico” nell’ultimo anno e mezzo.

Sulla natura diversiva di molte trovate si sono spese molte parole, molte argomentazioni (anche qui). Sarebbe forse il caso di prenderle in considerazione, ora che certi nodi cominciano a venire al pettine. Capisco che chi ha assunto una posizione – o una posa – di un certo tipo nei mesi scorsi, ora faccia fatica a rimangiarsi vagonate di post, commenti, sentenze apodittiche. Ma ritornare sui propri passi, mettere in dubbio le proprie certezze non è un indice di debolezza. Al contrario, proprio perché difficile è un atto di forza.

I fatti di Roma di sabato 9 ottobre sono uno snodo di questa fase politica, nell’ambito italiano. L’ampia e partecipata manifestazione, eterogenea e senza uno specifico colore politico (benché, pare, chiamata da gente non al di sopra di ogni sospetto), è passata quasi subito nel dimenticatoio per via dell’ignobile assalto fascista alla sede della CGIL. E questo è un primo risultato favorevole al governo.

Pressoché subito, l’intera mobilitazione è stata derubricata a manifestazione fascista tout court, schiacciata surrettiziamente sull’azione violenta e usata non tanto contro i fascisti (se non retoricamente, per il tempo di un lancio di agenzia) quanto contro chiunque osi ancora mettere in discussione le decisioni del governo. A cominciare dall’obbligo di green pass nei luoghi di lavoro e senza dimenticare tutte le altre misure squisitamente confindustriali, anti-popolari e tutt’altro che… green (a dispetto delle retorica squadernata a piene mani) già prese o di là da prendere.

Uno dei principali effetti di tutta l’operazione (un’operazione studiata e preparata, quella di Forza Nuova e soci, teniamolo presente) è che ora saranno ulteriormente strette le maglie del controllo e della repressione del dissenso, di tutto il dissenso. Sarà ulteriormente limitato lo spazio della proposta alternativa, della difesa di territori e di categorie svantaggiate, le posizioni di contrasto contro le speculazioni, contro la nuova corsa agli armamenti, ecc.

Chi agisce sulla scena mediatica a favore dello svuotamento della democrazia non si è fatto pregare, per cogliere la palla al balzo e spostare immediatamente il focus. Pensiamo all’incredibile intervento del direttore di Repubblica, Molinari, in un programma televisivo di RAI3, sulla lotta no-TAV della Val di Susa.

Ci sono circostanze in cui i propagandisti di regime si sentono autorizzati ad alzare l’asticella. Colgono il vento, sanno benissimo cosa devono fare. Mi sa che ci troviamo proprio in una di quelle circostanze.

Ma ne avevamo avuto un assaggio – sia pure di diverso tipo e su altre questioni – anche in Sardegna. L’arresto di Carles Puigdemont ad Alghero (i cui contorni restano torbidi, a dir poco) e ciò che ne è stato scritto nelle ore e nei giorni seguenti faceva capire bene a cosa si mirasse. Per caso (o forse no), uno dei segnali più chiari era arrivato proprio da Repubblica. Così ne riferiva, su FB, Marco Santopadre:

L’attività di monitoraggio a cui facevano riferimento i cronisti di Repubblica è la costante opera di sorveglianza, più o meno intensa e pervasiva, a cui è sottoposta, da anni, tutta l’attività politica e tutta la militanza di area indipendentista, in Sardegna. Le panzane sulla presenza dell’ETA e degli “irredentisti greci” sono talmente grossolane da risultare comiche. Se non che esiste anche una buona frazione del pubblico (per scarso che sia) che ancora si informa su Repubblica (in questo caso, ma non è che il Corriere abbia fatto molto di meglio), alla quale queste cose suonano plausibili e lasciano un’immagine di pericolosa sovversione associata all’indipendentismo. Un trucco vecchissimo, quello della criminalizzazione di un’area politica o di un fronte di lotta sociale. Esattamente lo stesso usato proprio in Val Susa. Uguale uguale.

Pensiamo ai processi in corso in Sardegna, sia quello (ormai datatissimo, anno 2006) discendente dalla famigerata operazione “Arcadia”, sia quello più recente contro i militanti contrari all’occupazione militare dell’isola, l’operazione “Lince”: anche lì, accuse spesso gravissime e contornate di aggravanti varie, fonti indiziarie fantasiose, decine di persone coinvolte, uso disinvolto dei mass media (con la complicità dei medesimi), carcerazioni preventive, sorveglianze speciali, ecc. Il tutto trascinato per anni e anni, senza che se ne veda la possibile fine, da un rinvio all’altro.

Ma pensiamo anche alle conseguenze delle mobilitazioni degli allevatori nel 2019. Con l’allora ministro Salvini a garantire soluzioni e impunità, salvo poi essere smentito dai fatti. Se il prezzo del latte è andato per i fatti suoi, seguendo le logiche di mercato e le convenienze dei padroni della filiera, le conseguenze penali di quelle manifestazioni restano tutte.

Mettiamoci dentro le mire affaristiche su cui in troppi si stanno sfregando le mani, pregustando il profumo dei cospicui fondi garantiti dal PNRR. Il ministro Cingolani – quello favorevole alle centrali nucleari – ha già fatto sapere come la vede. Per la Sardegna è previsto un bel destino da “colonia di sfruttamento”, in questo caso energetico o forse più che altro speculativo. Con la scusa della transizione “verde”.

Io ormai, quando leggo “verde”, e ancora di più quando leggo “green”, devo frenare l’istinto di darmi alla macchia: la fregatura incombe.

Ma non è solo questione di diffidenza soggettiva, o di sfiducia nella politica. È qualcosa di più profondo, che attiene alla degenerazione cui stanno rapidamente andando incontro tutte le forme della democrazia rappresentativa e liberale. Non che fosse il migliore dei mondi possibili, tutt’altro. Ma ormai sta venendo meno anche la facciata scenica di una forma di governo e di relazioni sociali evidentemente tarata su misura per le classi padronali e i grandi detentori di informazioni, ma che se non altro salvava qualche apparenza, lasciava qualche spazio di dissenso.

Mi pare che, anche grazie alla gestione della pandemia, i governi – e soprattutto quello italiano, espressione di una classe dominante ignorante, gretta, avida – si stiano dotando più rapidamente del previsto di strumenti coercitivi e di capacità di azione fino a qualche anno fa impensabili.

Se il grande test è stato Genova 2001, l’insegnamento che ne hanno tratto i padroni della terra è che, con qualche altro piccolo slittamento e cogliendo l’occasione del contagio mondiale, quell’approccio potrebbe essere generalizzato e fatto diventare ordinario.

L’attacco fascista alla sede CGIL di Roma, come tutte le azioni squadristiche e tutti gli attentati di matrice fascista, è funzionale a una ulteriore legittimazione del governo Draghi e, come dicevo più sopra, tornerà utile per aumentare la pressione punitiva su ogni e qualsiasi manifestazione di dissenso, su ogni forma di mobilitazione popolare, di lotta sociale.

Chi, da posizioni di sinistra o almeno democratiche, continua a stigmatizzare l’ostilità verso il green pass e le mobilitazioni che essa alimenta, dovrebbe porsi delle domande su quali siano le reali dinamiche in corso. Sennò si fa la fine dei commentatori e delle commentatrici – grosso modo di area PD o centrosinistra, ma anche sinistra stalinista e rossobruni assortiti – contrar* al Procés catalano (in quanto illegale e di stampo “leghista”), favorevoli all’estradizione di Puigdemont in Spagna (perché fuorilegge e autore di un “colpo di stato”), al contempo scandalizzat* dall’azione squadristica di Roma e ostili a Giorgia Meloni (e Salvini); salvo poi ritrovarsi Giorgia Meloni (così come a suo tempo Salvini) a braccetto coi neofranchisti di Vox a dire le stesse cose che dicevano loro poche settimane fa. Non un bello spettacolo.

Va anche definitivamente riconosciuta la natura intimamente anti-democratica, anti-popolare e colonialista della costruzione politica che risponde al nome di Stato italiano. Specie a sinistra. Come dice (sempre su FB) Cristiano Sabino:

Non si può pretendere di tenersi al riparo dalle contraddizioni e dalla complessità delle vicende umane. La realtà storica ha la drammatica caratteristica di fregarsene delle nostre schematizzazioni e delle nostre categorie interpretative. Non possiamo pretendere che sia la realtà a piegarsi alle nostre esigenze di comodità cognitiva. Né possiamo difendere per sempre il nostro spazio di comfort, quando tutto gira e muta e si fa complicato.

Bisogna mantenere una vigilanza critica attiva, accettare di dover fare distinguo difficili, dubitare sempre delle verità ufficiali. È una cosa basilare del metodo storico, per dire, e anche del buon giornalismo (dove ne è rimasto). Eppure abbiamo introiettato così bene la reazionaria classificazione del dubbio sotto la specie del complottismo, che non siamo più in grado di distinguere tra una panzana governativa e una dei rimestatori di fango, tra un’operazione di propaganda dei mass media mainstream (tutti di proprietà di grandi gruppi economici, ricordiamolo) e una polemica social alimentata dal meccanismo intrinseco di quei media.

In Sardegna questa deriva è deleteria. Va contrastata e se possibile arrestata. Chiunque abbia una voce e un ruolo in ambito intellettuale e culturale dovrebbe farsi carico di questo problema, senza timidezze o calcoli di convenienza egoistica.

La profezia di Malcom X, spesso tirata in ballo a sproposito, va soppesata e rivalutata in tutta la sua profonda verità: “Se non state attenti, i media vi faranno odiare gli oppressi e amare gli oppressori”. I dispositivi di controllo sociale come il green pass e altre analoghe misure assunte col pretesto della pandemia si basano sull’antico precetto del divide et impera. Cerchiamo di tenerlo a mente e di regolarci di conseguenza.

2 Comments

  1. “Non si può pretendere di tenersi al riparo dalle contraddizioni e dalla complessità delle vicende umane. La realtà storica ha la drammatica caratteristica di fregarsene delle nostre schematizzazioni e delle nostre categorie interpretative. Non possiamo pretendere che sia la realtà a piegarsi alle nostre esigenze di comodità cognitiva. Né possiamo difendere per sempre il nostro spazio di comfort, quando tutto gira e muta e si fa complicato.” Direi che coglie benissimo la fase attuale. Molti a sinistra e nel campo democratico gradirebbero una macelleria messicana delle piazze no-green pass e non hanno la volontà di “sporcarsi le mani” proprio per lo schematismo di cui si parla qui e per la tendenza ad accordarsi agli indirizzi governativi, come viene abbozzato in altre parti dell’articolo.
    Questo ovviamente non vuol dire che la soluzione stia nell’accordarsi alle teorie complottiste e simili, come già viene scritto.

    Seguo spesso le pubblicazioni di SardegnaMondo e se sono tutte scritte da un’unica persona, mi stupisce un grado di lucidità così costante.
    Trovo l’autore come tra i pochi ad avere un’ottima capacità di sintesi tra un posizionamento democratico, anticapitalista, libertario (nel senso socialista del termine) e il punto di vista decoloniale sulla Sardegna. Complimenti.

    1. Tutto ciò che compare su SardegnaMondo è farina del mio sacco, salvo esplicita indicazione diversa.
      Ringrazio molto per questo apprezzamento. Si fa quel che si può. 🙂

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