È finito il secondo dopoguerra e io non ho niente da mettermi

L’Europa – i suoi governi – si fa trovare con le braghe calate dall’accelerazione storica in corso. Non inaspettata né imprevedibile. E nessuno, nel Vecchio continente (vecchio in più d’un senso), che dia l’idea di sapere cosa fare.

Succede sempre. Si accumulano forze, energie, sollecitazioni (sociali, economiche, culturali) e sembra che tutto proceda come al solito. Poi, tutt’a un tratto, ecco l’improvvisa svolta, il salto di fase. Ma non è mai un fatto improvviso e casuale.

Le scelte drastiche della nuova amministrazione USA sconvolgono equilibri che si davano per consolidati, ma solo per pigrizia e per mediocrità politica. Parlo soprattutto delle leadership europee, stordite e indietro di parecchi passi rispetto al momento storico. Il fatto che oggi si trovino spiazzate e disorientate non può stupire nessuno, dato che è un difetto che si portano appresso da tempo.

Che l’Europa sia una delle principali vittime della situazione internazionale è evidente da un pezzo. Che il conflitto ucraino abbia enfatizzato ulteriormente questa condizione è stato chiaro fin da subito (e se l’avevo capito io, mi sembra davvero strano che non ci arrivasse gente molto più informata e presumibilmente più sveglia di me).

È sempre antipatico fare la parte di chi “l’aveva detto”, però mi tocca rievocare alcune considerazioni fatte negli scorsi anni (tipo qui o qui) che non hanno perso significato, anzi, oggi acquistano una dose di drammatica concretezza.

Bisogna entrare in una nuova ottica. Il secondo dopoguerra, ossia il periodo in cui si sono dispiegati, con una connessione diretta e giustificabile, gli esiti e le conseguenze della seconda guerra mondiale, è finito. I suoi strascichi sono ormai una zavorra che blocca il nostro presente e rischia di compromettere il nostro futuro. “Nostro” ossia dell’Europa.

Qualche osservatore, in relazione alle sparate del vice-presidente USA Vance e alla convocazione d’urgenza del vertice europeo di ieri, ha dichiarato che è morto l’Occidente, o l’alleanza transatlantica. Qualcuno si è fatto delle domande sulla natura e il senso, oggi, della NATO. Be’, ben svegliati! A cosa stavate pensando, fino ad ora?

È come se i ceti dirigenti europei avessero vissuto per anni dentro le loro narrazioni di comodo. La raccontavano ai propri elettorati e ai propri popoli, ma viene fuori che gli unici a crederci davvero erano loro.

E non riguarda solo la parte liberale, moderatamente conservatrice, che ha più o meno dominato la scena per trent’anni, ma anche la sua pseudo-controparte di destra, sovranista, cripto-fascista o fascista tout court. Tutti spiazzati e a bocca aperta.

Impressiona come le prime reazioni alle dichiarazioni dell’amministrazione Trump2 siano state all’inizio del tutto pavloviane, sia nei governi sia nelle opposizioni, comprese quelle più radicali (queste ultime per lo più schierate per l’appeasement con Putin). Salvo poi, una volta resisi conto che la realtà dei fatti non si incastra affatto nei loro schemi propagandistici, rifugiarsi su posizioni attendiste o opportuniste, limitandosi a ripetere i loro slogan come formule magiche che possano arrestare il tempo.

Emblema di questa situazione è il governo italiano, patetico emulo di tanti suoi predecessori, sempre in attesa di capire quale fosse il carro giusto su cui saltare, quale l’azzardo meno costoso da tentare, mescolando vittimismo, vanagloria, sciovinismo e subalternità verso i potenti di turno. E non è detto che la storia si ripeta sempre, prima come tragedia, poi come farsa. Se è una farsa, potrebbe rivelarsi poco divertente. O diventare una tragedia ancora peggiore.

Si è dovuto sbilanciare lo stesso presidente Mattarella, che, da scafato democristiano, pesa molto bene i propri interventi e i loro contenuti, specie in politica estera. Ha fatto un discorso sorprendente. Vero, pieno di strafalcioni storici e omissioni (le responsabilità del fascismo italiano meglio tacerle sempre, no?). Ma del tutto voluto, intenzionale. Un messaggio chiaro al proprio governo, ai governi europei e anche a quelli di USA e Russia. Il governo USA non ha manco ascoltato, quello russo si è risentito (perché hanno colto benissimo il messaggio). In Italia non ci hanno capito niente.

Probabilmente è troppo tardi per l’Europa e i suoi attuali governi. È evidente che la costruzione europea, vagamente liberale ma anti-popolare, ottusamente tecnocratica e basata sui vecchi e decrepiti stati otto-novecenteschi, non ha più alcuna ragion d’essere. Figuriamoci il nazionalismo che li riguarda. E anche questo non è che venga fuori all’improvviso solo ora.

Ieri i governi europei si sono riuniti – in pochi, per altro, già così sancendo la fine di fatto dell’UE – per discutere precisamente di cosa? Del sostegno all’Ucraina e di una eventuale forza di interposizione, con, sullo sfondo, il tema della spesa dei vari stati in armamenti e della “difesa comune europea”. Ma sul serio quello è il solo orizzonte pragmatico che intravvedete? La sola urgenza da affrontare? Che patetiche persone vi state rivelando? E questi sono i nostri statisti, i vertici politici del nostri paesi.

Il problema della sorte dell’Ucraina e anche quello della difesa comune sono variabili dipendenti di una questione più ampia e di portata storica: che cos’è e cosa deve essere l’Europa?

Il fatto di essersela sfangata tutto sommato bene con la pandemia di Covid-19 (che poi, parliamone) ha illuso tutta questa gente, da Ursula von der Leyen in giù, che il peggio fosse passato, che si poteva tornare a fare affari come prima. Poi ti scoppia la guerra in Ucraina, anche per colpa tua, e vai col panico, con le decisioni ognuno per conto proprio, i calcoli miserabili da decrepiti bottegai terrorizzati (con tutto il rispetto per i vecchi bottegai).

Fare paragoni col passato può servire, non c’è dubbio. Però poi bisogna fare i conti col presente e le variabili in gioco *adesso*. Doveva essere l’Europa, tempo fa (direi almeno dalla fine della Guerra fredda), a smarcarsi dai vincoli stabiliti alla fine della Seconda guerra mondiale. Bisognava avere uno sguardo molto più coraggioso e di prospettiva.

Certo, sarebbe servita una base ideale forte da opporre al Verbo tardo-capitalista del neo-liberismo, della mercificazione spinta di ogni aspetto materiale e immateriale dell’esistenza.

Il vecchio socialismo era stato bruciato sull’altare della potenza sovietica. Ma i vasti movimenti di opinione sorti nel corso degli anni Novanta, dietro l’esempio della lotta zapatista del Chiapas e sollecitati dalla Guerra del Golfo e dal conflitto nell’ex Jugoslavia, avevano colto i termini del passaggio storico e intravisto se non la soluzione almeno gli aspetti più pressanti del problema.

È stato tutto soffocato dalla repressione più brutale, con un’offensiva ideologica durissima e un rilancio della guerra come strumento ordinario delle relazioni tra gli stati.

Se i paesi europei non troveranno il modo di rispondere con lucidità e in tempi adeguati alle sollecitazioni cui sono sottoposti, dovremo affrontare anni, forse decenni, di crisi brutale. Il dibattito pubblico europeo, in Italia soprattutto ma senza l’esclusiva della stupidità, è ormai ridotto a tifoserie contrapposte (pro Trump e/o pro Putin contro pro Occidente; atlantisti contro euroasiatici duginiani; liberali benpensanti contro populisti; anti-immigrazione compassionevole contro anti-immigrati razzisti e brutali; ecc. ecc.). Magari questa sveglia servirà a farci uscire dall’incantamento tossico.

Va smantellata la costruzione europea dei primi anni Novanta. Va rifondata una confederazione di popoli liberi, su base democratica, solidale, aperta. Va investito moltissimo in infrastrutture civili utili e rigorosamente pubbliche, in una rete di produzione e distribuzione energetica diffusa a livello continentale e anch’essa pubblica, in istruzione, scienza, arte, cultura. Va creata una forza di intelligence europea ad alta capacità analitica, che serva da strumento per una diplomazia della pace. Va costruito un rapporto con la sponda sud e est del Mediterraneo e col continente africano, di segno opposto rispetto alla postura paternalista e neo-colonialista tenuta fin qui. Bisogna smarcarsi dalla prospettiva folle dell’inevitabilità del conflitto globale tra USA e Cina e dalla rigida mentalità geo-politica. Le stesse relazioni con la Russia devono essere normalizzate e poste su un piano di chiarezza intransigente, con in primo piano il rispetto del diritto all’autodeterminazione dei popoli.

Chi può mettere mano a un tale vasto programma? Macron, Scholtz, Meloni, Sanchez, i governi polacchi e ungheresi? Chi? Servirebbero grandi mobilitazioni di popolo, come quelle in corso adesso in Serbia (ne avete sentito parlare poco, vero?), servirebbe un’intellettualità all’altezza del compito (e qualcosa ci sarebbe, se ci fossero orecchie disposte ad ascoltare). Le relazioni tra i popoli d’Europa, con o senza stato a rappresentarli, sono forti e profonde, spesso a dispetto delle retoriche e delle decisioni dei governi: andrebbero valorizzate e fatte diventare il fondamento di una rivoluzione necessaria.

Difficilissimo, non c’è dubbio. Ma a cos’altro dovremmo votarci? Alla guerra permanente? Alla dipendenza o alla difesa a oltranza da qualche impero più o meno vicino? Rassegnarci alla deriva reazionaria e oscurantista in atto? Su questo dovremmo ragionare, non sui diversivi buttati lì, a ripetizione, nello spazio bulimico dell’infotainment da chi non ha alcun interesse a mettere in discussione i rapporti sociali e gli assetti di potere esistenti. Il futuro è già cominciato e noi, popoli europei, lo stiamo solo subendo.

2 Comments

  1. Dott. Onnis, mi ri-consenta (oppure no, faccia come vuole):
    Per anni lei e i suoi “compagni” ci avete detto quanto l’Unione Europea sia anti-popolare, un progetto neo-liberale per favorire il grande capitale. E ora invece addirittura auspica una “intelligence” europea? Addirittura auspica che l’Unione Europea si faccia carico della difesa europea? Ma se ogni progetto di integrazione delle “intelligence” europee e delle forze armate veniva tacciato come un altro strumento di controllo e repressione delle “sedicenti” democrazie occidentali?
    Certi fatti (se ancora i fatti valgono qualcosa) non combaciano neanche con la sua affermazione apodittica di una Unione Europea anti-popolare. Prendiamo la legge europea sulla privacy: i tecno-fascisti come Musk e Zuckenberg la vedono come fumo negli occhi, in quanto limita enormemente il raggio di azione dei social media nel raccogliere e “triangolare” dati per costruire un intimo profilo di ogni utente. Eppure l’Unione Europea ha difeso e difende questa legge nonostante il grande capitale vorrebbe tanto distruggerla (negli USA non esiste niente del genere, guardi un po’).
    Ma certo, come dice lei, ormai l’Unione Europea (anti-popolare) ha smesso di avere senso. Non sarebbe allora il momento di costruirne un’altra popolare, che non sia “sedicente” democratica? Dove si firma? “Avanti compagni” intonava l’internazionale.

    1. Caro il mio anonimo commentatore, certi toni non aiutano la discussione.
      Affastellare argomentazioni fallaci, costituite perlopiù da attribuzione (a me) di opinioni e dichiarazioni mai fatte o semplicemente fraintese (da lei), non costituisce una buona base di confronto.
      La realtà storica è sempre più complessa e articolata di quanto ci piaccia. Quello che a lei suona contraddittorio, magari dipende a) da una cattiva lettura (succede, e ci si può anche spiegare male, per carità) o b) dal fatto che una stessa prospettiva pragmatica e politica cambi radicalmente di segno a seconda di quale ne sia la base sociale, culturale, valoriale, ecc.
      Non mi metta, la prego, in nessun “voi” precostituito (sempre da lei). Io rispondo per me stesso e non rappresento nessun altro all’infuori di me stesso.
      Non le piacciono le mie opinioni: ne ha pieno diritto. Le sue obiezioni non mi sembrano convincenti: amen. Sono sicuro che non sarà questo a rovinare le rispettive giornate.

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