Grandi polemiche a proposito di verybello.it, sito di promozione cultural-turistica del ministero dei beni culturali italico, in connessione con EXPO 2015. Non parlo delle polemiche relative al nome prescelto (“verybello” in effetti grida vendetta al cielo), ma di quelle scoppiate nella provincia oltremarina sarda. È venuto fuori che nei percorsi consigliati nel sito manca totalmente la Sardegna. Le grida allo scandalo rimbalzano da un paio di giorni tra sedi politiche, stampa e web.
Mi sfugge però cosa ci sia di scandaloso o di incomprensibile in questo fatto. Il ministero italiano promuove il turismo culturale in Italia. Mira a incrementare il flusso turistico nella penisola tra maggio e ottobre, in relazione alla grande esposizione milanese, convogliando visitatori nelle città italiane, in occasione di celebrazioni, eventi, feste. Cosa diavolo c’entra la Sardegna in tutto ciò?
Non si tratta di una dimenticanza, ma di una scelta precisa, del tutto legittima e perfettamente sensata. Non c’è alcuna malevolenza, in questo. Perché mai, in un’occasione così speciale come l’EXPO, su cui tanto si è investito (malamente, lo sappiamo, ma è un altro discorso), il governo italiano dovrebbe spostare flussi turistici dall’Italia alla Sardegna? Chi se ne gioverebbe, a parte l’isola?
L’alterità geografica (e storica e culturale) della Sardegna è un boccone amaro, per i Sardi che non riescono a vivere se non come italiani (sia pure speciali). Tutti gli sforzi continuamente profusi da autorità politiche e culturali sull’isola per farci sentire una parte importante e del tutto integrata nel contesto italiano, in circostanze come questa vanno repentinamente a farsi benedire. Ma in Italia tale alterità è percepita molto correttamente.
Non possiamo pretendere di essere Italia quando ci conviene e non esserlo quando non ci conviene. È particolarmente stucchevole questa continua dimostrazione di minorità. Alimentata di continuo, per altro, come dimostra l’ennesima richiesta di soccorso al governo da parte della giunta regionale, a proposito degli attentati ai sindaci: anche questa, ricorrente dimostrazione della mediocrità della nostra classe politica.
A parte i dubbi circa l’utilità di essere associati a una porcheria come EXPO 2015, bisognerebbe ragionare seriamente e compiutamente sul nostro patrimonio culturale (di cui l’ambito demo-antropologico è una parte consistente).
La cultura (in senso lato) non è valutabile sempre e solo in termini strettamente commerciali. Questa lettura economicista va sfatata. Altrimenti si rischia di incentivare progetti speculativi e affaristici su un patrimonio che deve la sua inestimabilità non al fatto di essere monetizzabile ma al fatto di essere portatore di bellezza, senso, conoscenza, relazioni feconde.
Fatta questa doverosa precisazione, va però anche ribadito che la politica sarda e le nostre istituzioni culturali non sono mai state in grado di valorizzare in termini sociali, civici ed anche economici ciò di cui pure disponiamo. L’ignoranza dei Sardi sul proprio conto ha fatto comodo, in questo senso, e non è un caso, non è il frutto guasto di un processo altrimenti virtuoso.
Differenziarci e presentarci al mondo in tutta la nostra peculiarità deve smettere di farci paura. È penoso insistere a codificare la nostra produzione culturale (tradizionale e contemporanea) come sottospecie “regionale” della cultura italiana. Non solo è un falso storico ma è anche un errore strategico. Vantare le nostre città storiche come “città italiane” ne penalizza la conoscenza e il significato (e chi vuole visitare una città storica italiana è inevitabile che lo faccia in Italia, dove ce ne sono molte e bellissime, non in Sardegna). Presentare il nostro patrimonio letterario come “dialettale” significa indebolirne la portata e penalizzarne la fruizione. Folclorizzare le nostre tradizioni, la nostra musica, le nostre ricorrenze sottrae ad esse valore e significato.
Che la festa di Sant’Efisio non sia ricompresa tra le tappe consigliate da verybello.it sinceramente non toglie nulla alla sua celebrazione. Così come non toglie nulla a San Francesco di Lula, o all’Ardia di Sedilo, o a Santa Maria del Mare di Orosei, o a Regnos Altos di Bosa, ecc. ecc. E non è fondamentale che il nostro patrimonio storico-archeologico non sia segnalato tra le visite obbligate per i visitatori dell’EXPO 2015.
Il vittimismo a buon mercato serve a sgravarsi la coscienza e a scaricare il barile della responsabilità su altri. Di solito, sull’autorità reale a cui si risponde. In questo i riflessi condizionati della politica istituzionale sarda sono molto espliciti, quasi ingenui. In tali casi emerge chiaramente a chi senta di dover rispondere la nostra classe dominante. Non ai Sardi e alla Sardegna, evidentemente. Il che vale per l’ordine pubblico, come per tutte le altre questioni strutturali e strategiche che ci riguardano, dai trasporti, all’utilizzo del nostro territorio, all’istruzione, alla cultura.
Se l’inconveniente – chiamiamolo così – del mancato inserimento della Sardegna tra i percorsi di verybello.it servirà a farci fare un bel bagno di realismo, ben venga! Non me lo aspetto da parte dei rappresentanti in Sardegna dei partiti italiani e dall’apparato di potere che domina istituzioni e ambito economico. Ma per fortuna la Sardegna non inizia e non finisce con loro.