Quindi, ricapitolando…
Il virus si propaga facilmente al chiuso, in spazi poco aerati e affollati, perciò vietiamo di uscire di casa e di stare all’aperto. Chiudiamo i cinema, ma non chiudiamo fabbriche e grandi magazzini della logistica.
La carenza più grande è nella sanità pubblica territoriale, nella medicina di prossimità e nella cura alle persone anziane e fragili, perciò addossiamo la risposta all’epidemia agli ospedali e diamo soldi alla sanità privata, senza ripristinare la rete capillare di presidi locali, né rimpolpare le file di medici di famiglia, geriatri e pediatri.
Il primo obiettivo è abbassare il tasso di mortalità e di abbattere le sintomatologie più gravi, dunque vacciniamo personale universitario, forze dell’ordine, giornalisti, personaggi televisivi e chiunque trovi il modo per accaparrarsi qualche dose di straforo. Invece gli anziani li convochiamo con modalità demenziali, a chilometri da casa e magari gli facciamo anche fare una fila di ore all’aperto e al freddo. Parallelamente, trascuriamo la prevenzione e la cura di tutte le altre patologie.
Bisognerebbe dirottare risorse su sanità pubblica, scuola, trasporti, settori vitali dell’economia e del tessuto sociale. Perciò, non investiamo niente e favoriamo l’arricchimento dei signori delle piattaforme digitali e del mercato delle armi. Invece chiudiamo il commercio al dettaglio, le attività culturali e sportive, ogni possibile forma di relazione e di attività ricreativa organizzata per i giovani, lasciandoli allo sbando e additandoli poi come la vera causa del contagio. Nel frattempo, distraiamo l’opinione pubblica con capri espiatori di comodo e promuovendo temi di dibattito di fantasia, per alimentare paura e diffidenza.
Andrebbero riconosciute e affrontate le cause antropiche sia della pandemia sia del più generale dissesto ecologico del pianeta, che genera problemi all’intera biosfera e alla nostra stessa specie. Perciò estromettiamo dall’agenda politica internazionale i temi ambientali, la riflessione sui modelli di produzione e di estrazione di profitto, l’impatto ambientale delle attività umane, l’impatto sociale dell’economia globalizzata a vantaggio del profitto privato e dell’arricchimento dei ricchi. Impieghiamo la potenza tecnologica di cui disponiamo per controllare ossessivamente la vita delle persone, isolandole e schedandole, e non per creare strumenti di liberazione dal bisogno e dalla sofferenza, per alimentare la creatività e le relazioni, per connetterci di più e meglio con la natura e i suoi processi vitali.
La pandemia dovrebbe essere l’occasione per ragionare sul nostro modello di democrazia, sull’eccessivo spazio assunto dall’illusione tecnocratica e dal discorso egoistico di classe, identitario e stato-nazionalista. Perciò creiamo sempre più distanza tra istituzioni e cittadini, priviamo di forza e di funzioni le istituzioni di rappresentanza e legislative, mortifichiamo ogni forma di autonomia, imponiamo norme cervellotiche e a tratti demenziali, diamo più potere ai militari e trasformiamo le diseguaglianze crescenti in guerra tra poveri.
La crisi pandemica farà fare all’umanità un salto di qualità. Infatti niente più consumo compulsivo, niente più inquinamento, niente più discriminazioni e sperequazioni tra classi sociali e tra paesi. Niente più regimi autoritari, niente più guerre, niente più saccheggi di risorse e sottomissione di interi popoli. Niente più competizione sfrenata per l’egemonia mondiale. Niente più corsa agli armamenti.
Sicuramente dimentico qualcosa, ma mi sembra tutto molto chiaro e coerente. Avevano detto: andrà tutto bene. È proprio quello che sta succedendo. Mica avevano specificato per chi.