Tutto quello che sai sulla Sardegna è falso: esempio pratico

Cosa studiamo a scuola sulla Sardegna, cosa studiano i nostri figli? Su cosa si basa l’idea che abbiamo di noi stessi? Ecco un esempio tratto da un sussidiario in uso anche nelle scuole sarde. Un testo per la quinta elementare (MAGISTRALI-GIROTTI-CANALI, Il tempo dei saperi. Sussidiario delle discipline, Milano, Minerva Scuola, 2009). Cito testualmente:

Le regioni del sud. La Sardegna.

La popolazione

La Sardegna è una regione a statuto speciale. La popolazione, fino ad alcuni decenni fa, viveva nei grandi e piccoli centri dell’interno. Ora invece si sta spostando verso la costa, dove è più facile trovare lavoro nel settore terziario, in aumento costante.

Nonostante la costruzione di veloci superstrade, i collegamenti con i centri minori sono ancora difficoltosi. Grazie al turismo, invece, sono in crescita i trasporti marittimi e aerei a Porto Torres, Alhero, Olbia e Cagliari.

Capoluogo della regione, Cagliari è sempre stata una città importante, anche per la posizione strategica: rappresenta infatti lo sbocco sul mare del fertile Campidano, intensamente coltivato, e delle miniere del Sulcis e dell’Iglesiente. Oggi è il maggior centro culturale, industriale e commerciale della regione.

Una storia di dominazioni

I primi abitanti della Sardegna, intorno al XX secolo a.C., furono i Sardi, che ci hanno lasciato circa 7000 nuraghes sparsi per l’isola. Poi giunsero i Fenici, i Romani, i Bizantini e gli Arabi.

Per sfuggire alle incursioni di questi ultimi, a partire dal VII secolo d.C., le popolazioni si ritirarono verso l’interno, dove non a caso si trovano quasi tutti i capoluoghi di provincia.

In seguito, le repubbliche marinare di Pisa e Genova imposero il loro dominio sull’isola. Esse furono soppiantate dagli spagnoli che, a loro volta, furono sostituiti dai Savoia. Con i Savoia la Sardegna entrò a far parte del Regno d’Italia.

Alla maggior parte dei sardi, anche istruiti, questo testo sintetico non dirà nulla di particolare. Una semplice ricostruzione, adeguatamente breve e calibrata sulle capacità di comprensione del lettore, rispondente a verità evidenti, pacifiche. Eppure si tratta di un testo profondamente scorretto, sia dal punto di vista dei contenuti, sia da quello metodologico.

Preciso l’obiezione in termini puntuali, passaggio per passaggio. Poi vorrei anche offrire un esempio di come si possa scrivere un testo sintetico e ugualmente adatto al target cui è riferito senza affastellare sciocchezze e produrre effetti distorsivi e debilitanti sull’immaginario infantile (con conseguenze facilmente intuibili nel percorso di consapevolezza e di acquisizione del senso di appartenenza).

Prima di tutto è scorretto descrivere la Sardegna come una regione meridionale italiana. La Sardegna non è una regione italiana in senso storico-geografico e non può dunque essere nemmeno una regione italiana meridionale. La qualifica di “meridionale”, nella narrazione egemonica italiana, porta con sé inevitabilmente una connotazione negativa, che ovviamente in questo caso si estende alla Sardegna, che pure col meridione dell’Italia ha poco a che fare (oltre alla storia, basterebbe prendere in considerazione i dati statistici e demografici per farsi un’idea di questa estraneità strutturale).

Veniamo al resto.

La Sardegna è una regione a statuto speciale. La popolazione, fino ad alcuni decenni fa, viveva nei grandi e piccoli centri dell’interno. Ora invece si sta spostando verso la costa, dove è più facile trovare lavoro nel settore terziario, in aumento costante.

Questo passaggio è abbastanza obiettivo e non dà notizie false. È però largamente reticente sulle cause di un fenomeno che pure andrebbe spiegato o circostanziato. Ma lo spazio è poco, si dirà. Vero. Ma allora si poteva anche scegliere di evidenziare un altro aspetto della nostra demografia.

Nonostante la costruzione di veloci superstrade, i collegamenti con i centri minori sono ancora difficoltosi. Grazie al turismo, invece, sono in crescita i trasporti marittimi e aerei a Porto Torres, Alghero, Olbia e Cagliari.

Qui cominciano le prime magagne evidenti. La costruzione di veloci superstrade è una fantasia mica da ridere. Come chiunque può testimoniare, è un’informazione falsa. E non solo falsa, ma anche vagamente (e crudelmente) beffarda. I trasporti marittimi e aerei sono in una situazione ridicola al limite della mortificazione e il turismo (che in Sardegna è un fattore economico di secondo piano, debole, a uno stadio primitivo e senza alcun radicamento) è una vittima delle carenze di questo settore, non certo la causa di una sua pretesa crescita.

Capoluogo della regione, Cagliari è sempre stata una città importante, anche per la posizione strategica: rappresenta infatti lo sbocco sul mare del fertile Campidano, intensamente coltivato, e delle miniere del Sulcis e dell’Iglesiente. Oggi è il maggior centro culturale, industriale e commerciale della regione.

Che Cagliari sia il maggior centro culturale dell’isola è tutto da dimostrare. Quanto a industria e commercio, se ne può discutere, ma con giudizio. Certamente meriterebbero di essere citati almeno gli altri centri principali. Il “fertile Campidano”, purtroppo – ahinoi! – è largamente abbandonato. Sulle miniere spero non ci sia bisogno di infierire.

Proseguiamo col secondo capitolo.

Una storia di dominazioni

Il titolo è già un programma. Una volta offerta tale cornice concettuale, il gioco è fatto. La Sardegna è una terra dominata, dipendente e tributaria. Niente di particolarmente significativo può essersi verificato sul suo territorio.

I primi abitanti della Sardegna, intorno al XX secolo a.C., furono i Sardi, che ci hanno lasciato circa 7000 nuraghes sparsi per l’isola. Poi giunsero i Fenici, i Romani, i Bizantini e gli Arabi.

Se i primi abitanti della Sardegna erano i Sardi, oggi chi sono? Il dato che l’isola sia abitata solo dal 2000 a.C. è una panzana che non riesco a giustificare in alcun modo. Sulla civiltà nuragica non si dice nulla al di là del dato assolutamente insignificante e difficile da capire dei 7000 nuraghi. Dato tra l’altro abbastanza fantasioso, visto che i nuraghi (ossia, suppongo, le aree archeologiche nuragiche) non sono mai stati censiti come si deve. L’elenco dei dominatori poi è piuttosto approssimativo. È davvero lecito parlare di una dominazione fenicia? E nel frattempo che la Sardegna passava da un dominatore all’altro i sardi cosa hanno fatto? Se ne sono andati da qualche altra parte?

Per sfuggire alle incursioni di questi ultimi, a partire dal VII secolo d.C., le popolazioni si ritirarono verso l’interno, dove non a caso si trovano quasi tutti i capoluoghi di provincia.

Dalle incursioni arabe i sardi si difesero. Non solo si difesero dagli arabi, ma anche da longobardi e ostrogoti. Poi, visto che c’erano, si inventarono una nuova civiltà, quella giudicale. Ma evidentemente lo spazio era troppo poco per infilarci quattro o cinque secoli di storia: meglio far finta che non ci sia stata. Il riferimento ai capoluoghi di provincia è maldestro, oltre che fuorviante. A quali capoluoghi ci si riferisce? E cosa c’entra l’attuale qualificazione amministrativa del nostro territorio con il discorso in oggetto? Non so se basti la motivazione del poco spazio e della necessità di sintesi per giustificare tutto ciò.

In seguito, le repubbliche marinare di Pisa e Genova imposero il loro dominio sull’isola. Esse furono soppiantate dagli Spagnoli che, a loro volta, furono sostituiti dai Savoia. Con i Savoia la Sardegna entrò a far parte del Regno d’Italia.

Questa sintesi è meravigliosa! La dominazione “pisana e genovese” non solo è inventata di sana pianta, ma suona addirittura ridicola a chi abbia anche solo una vaga idea dei rapporti tra le due città commerciali italiche.

Certamente citarla serve a inserire la Sardegna in una ipotetica storia italiana, alla quale altrimenti risulterebbe troppo estranea. Tanto più che le due repubbliche marinare vengono inopinatamente “soppiantate” da quei cattivoni degli spagnoli (come? quando? a che titolo? e i sardi cosa fecero? non si sa e non è importante saperlo).

Per fortuna poi arrivano i Savoia che conducono trionfalmente l’isola nel Regno d’Italia (anche qui, non si sa come). Certo, da questa pappardella si potrebbe facilmente evincere che la Sardegna oggi si trova semplicemente sotto l’ultima delle dominazioni, quella italiana.

Ma non sono sicuro che questa conclusione sarebbe accolta serenamente dagli estensori della sintesi. Infatti la nostra storia viene opportunamente fatta terminare una volta entrati nel Regno d’Italia. Il resto non conta.

Ovviamente si potrebbe discutere a lungo delle manchevolezze del testo in questione e della visione ideologica di cui il è frutto. Ma siccome sono temi largamente affrontati in questo stesso blog (e nel libro da cui trae il titolo il presente post), a questo punto preferisco offrire una versione alternativa dei due capitoletti citati, mantenendone grosso modo l’estensione.

Popolazione ed economia

La Sardegna è una grande isola del Mediterraneo ed attualmente è una regione dello stato italiano. La sua popolazione è distribuita su tutto il territorio. Da alcuni anni si sta spostando gradualmente verso le coste e i centri maggiori, oltre a emigrare verso il continente. Questo per questioni di tipo economico e sociale.

L’isola ha strade e ferrovie inadeguate e soffre di una pesante carenza nei trasporti marittimi e aerei, problemi che condizionano tutti i settori economici, soprattutto il turismo. L’industrializzazione forzata e l’uso militare del territorio hanno prodotto negli anni gravi problemi di inquinamento. Il settore agricolo è in forte declino.

Il capoluogo è Cagliari, città storica. Altri centri rilevanti sono Sassari, Oristano, Nuoro, Iglesias, Alghero, Bosa, Tempio, Olbia. La Sardegna è una terra non solo bella e in buona parte ancora integra, ma anche ricca di storia e di cultura. Ha una produzione letteraria, artistica e musicale molto varia e rilevante anche fuori dai suoi confini.

La Sardegna, terra di storia e di cultura

La Sardegna è abitata stabilmente da circa quindicimila anni. Nel tempo, i sardi hanno prodotto diverse civiltà (le più importanti sono quella nuragica, nell’età del bronzo, e quella giudicale, nel medioevo) ed hanno avuto contatti con tutte le maggiori civiltà della storia mediterranea e europea. Tra il 1420 e il 1478, con la fine della civiltà giudicale, la Sardegna entra nell’orbita del Regno di Spagna e del suo impero. Poi, nel 1720, la corona del Regno di Sardegna passa ai Savoia. Alla fine del ’700 la Sardegna conosce la sua rivoluzione, analoga a quella francese, dello stesso periodo. Dopo il periodo rivoluzionario (costato la vita a gran parte della classe dirigente sarda più illuminata), l’isola entra nell’orbita politica italiana. I Savoia guidano l’unificazione italiana e l’isola diventa un territorio oltremarino dello stato italiano.

Manca qualche informazione? Possibile. Lo spazio è poco, del resto. Ma la cornice concettuale è diversa e gli elementi discorsivi in risalto sono altri. Non ho inserito informazioni false o tendenziose. Volendo sarebbe possibile anche offrire una lettura più ideologica, magari sbilanciata in termini nazionalisti (sardi). Ma si cadrebbe nello stesso errore del testo originale. Il che, per un manuale scolastico, non sarebbe affatto meritorio.

Il succo è che da troppo tempo le poche conoscenze storiche di cui dispongono i sardi sono insufficienti, artefatte e funzionali a costruire un armamentario mentale fatto di elementi mitologici debilitanti, nel quadro di una egemonia culturale italo-centrica di stampo patriottardo, nazionalista e giacobino, perfettamente funzionale al mantenimento della Sardegna in una condizione di dipendenza materiale e culturale.

Non sarà facile raggiungere un livello accettabile di emancipazione collettiva finché la narrazione dominante al nostro riguardo sarà fondata su ricostruzioni come quella presentata. È un problema di cui una classe dirigente sarda meritevole di tale definizione dovrebbe farsi carico.