Segnali e messaggi

Non sentite anche voi questa strana sensazione di turbamento? La percezione extrasensoriale di un’oscurità avanzante.

Mi sento tanto come un elfo in una storia di Tolkien: so che il Male sta avanzando, lo sento, lo riconosco in mille segnali. Eppure sembra che nulla sia mutato, che in fondo le cose vadano come sempre.

O forse è solo banale mancanza di informazioni.

Pare che un noto consulente politico americano, tale Kramer, in una conferenza presso la prestigiosa università di Harvard, abbia proposto un’originale soluzione per risolvere il problema palestinese. Il problema palestinese, per questa gente, è l’esistenza dei palestinesi. Ebbene, l’esimio consulente ha proposto sic et simpliciter di far estinguere la genia in questione. Rendere problematica la riproduzione dei palestinesi, indebolendoli con fame diffusa e condizioni di vita proibitive, affinché non facciano più figli, specie se di sesso maschile. Una proposta di genocidio, insomma, fatta candidamente in un consesso autorevole, senza che i vertici dell’ateneo prendessero le distanze e le forze dell’ordine associassero tempestivamente il reprobo a qualche istituto di correzione. L’incitamento al genocidio è previsto dalle convenzioni internazionali tra i crimini contro l’umanità. Ovviamente, non troverete questa notizia su alcun giornale. I telegiornali… be’, che ne parliamo a fare? Io l’ho appresa da una nota di Paolo Maccioni in una pagina interna del GdSardegna di oggi (3 marzo).

Intanto la Commissione Europea ha fatto cadere la moratoria contro gli organismi geneticamente modificati. Lasciamo pure perdere le fobie ideologiche su qualsiasi forma di ricerca scientifica. Qui il problema è molto più banale e concreto. Intanto, si sa che le patate OGM ammesse sul suolo europeo producono sostanze resistenti ad alcuni antibiotici. Inoltre, si sa che i promotori di questa operazioni sono le due o tre grandi multinazionali che detengono i brevetti genetici in questione: ossia, si piegano diritti e interessi collettivi inalienabili e insopprimibili alla logica del profitto privato. E la lista delle obiezioni potrebbe proseguire…

Sul versante politico non va tanto meglio. Il premio Nobel per la pace, presidente del paese più guerrafondaio degli ultimi sessant’anni, ha sì dichiarato di voler dismettere parte del suo arsenale nucleare (non tutto, ci mancherebbe), ma nel contempo ha aumentato la spesa militare complessiva. Per far che? La pace, ovviamente! Il mondo è avvisato.

Più in piccolo, in Italia si continua con gli esperimenti di regime autoritario e di devastazione di quel poco che c’era di regole di civile convivenza: dal bavaglio alla libertà di critica e di informazione, alle limitazioni criptate – ma non per questo insignificanti – dei diritti del lavoro, alla liberalizzazione dell’inquinamento. E via così, verso il baratro.

Le èlites mondiali, che sanno da un pezzo dove stiamo andando a finire, si preparano con tutti gli strumenti di cui dispongono, ad affrontare la grande crisi epocale già in corso. Noi, per lo più, manco ne sappiamo niente.

Men che meno sull’Isola che c’è e non c’è,  oggetto storico tra gli oggetti storici, piccola appendice periferica di una collettività mal assortita e storicamente priva di senso, in balia degli eventi.

A volte mi balena il sospetto che quasi tutti in realtà sappiamo cosa succede, ma la stragrande maggioranza di noi preferisca la soluzione del meschino traditore del film Matrix, quello che, pur essendo libero dall’inganno delle Macchine, preferisce abbandonare il giusto e il vero a favore di una vita artificiosa, falsa, ma apparentemente comoda.

Ma no, non è nemmeno quella la soluzione. Perché poi la realtà si prende comunque le sue rivincite. Non la si può aggirare impunemente.

E allora, preso atto dell’inerzia che sta conducendo il mondo umano verso un’epoca turbolenta, violenta, regressiva, non ci resta che tenere viva la fiammella di quel giusto e di quel vero molto terreni e poco trascendenti che ci è dato conoscere. Lasciamo un segno, mettiamo il nostro messaggio nella bottiglia e affidiamolo ai flutti del tempo che verrà. Forse qualcuno, in un momento più propizio, lo troverà e lo farà suo.