Faber est suae quisque fortunae

Facciamo attenzione a quel che succede, gente, perché se ne vedono delle belle!

Tra oggi e martedì prossimo il governo italico deciderà sulla sorte del comparto industriale petrolchimico sardo. Il presidente della giunta regionale, con tutto il suo innato carisma, si presenterà oggi stesso a Roma, a pietire dai padroni della derelitta bagnarola italica – suoi complici di schieramento politico – la grazia di garantirci ancora per un po’ le devastazioni ambientali già in corso e ormai in parte irrimediabili, nonché l’assoggettamento di larghe fette di territorio e delle rispettive popolazioni alla più bieca e ormai anacronistica logica capitalista. Tutto, in cambio di posti di lavoro che giusto delle persone deprivate culturalmente e psichicamente possono considerare appetibili.

In realtà, la crisi definitiva del settore industriale sardo, scientemente indotta con inusitata rapidità in queste settimane da chi ne controlla le sorti, è solo il preludio a soluzioni che saranno presentate come alternative salvifiche e che invece ci faranno saltare dalla padella alla brace. Chi si opporrebbe, nella situazione attuale, all’impianto in Sardegna di qualche centrale nucleare e dei siti di stoccaggio delle scorie passate presenti e future? Tale generosa offerta compenserà la chiusura degli stabilimenti dell’ENI e delle altre multinazionali che si sono arricchite sulla nostra pelle in questi decenni. Sarà una prodiga concessione ai sardi da parte del governo amico. Ben pochi avranno allora da ridire. Non  i sindacati sardi, tradizionalmente inclini a scelte miopi e distruttive, per ragioni di autoperpetuazione. I lavoratori poi, sotto minaccia della disoccupazione, cosa mai potrebbero dire? La classe politica nostrana non ne parliamo: è lì apposta per gestire queste porcate.

Insomma, non solo permangono in tutta la loro intollerabilità situazioni di carattere esplicitamente neo-coloniale, come le servitù militari, i guasti all’ambiente (pensiamo a Furtei e al bel lascito della Sardinia Gold Mining) e la sottrazione di territorio, di risorse e di futuro che ne derivano; ma probabilmente il peggio dovremo ancora vederlo. Per di più, con la complicità e la connivenza di una vasta area della c.d. classe dirigente sarda e l’approvazione, o la rassegnazione, della maggioranza dei sardi.

Possiamo però consolarci con il disegno di legge varato sempre oggi dall’attivissima giunta Cappellacci, relativo al ridimensionamento del Piano Paesaggistico Regionale, quello fortemente voluto da Soru, la bestia nera degli speculatori cementiferi di ogni stazza e colore. Presto sarà dato il via al saccheggio, e buonanote ai suonatori. Valorizzeremo per bene quello che c’è da valorizzare e pazienza se ai nostri posteri lasceremo macerie, degrado e povertà: le tasche di chi c’è oggi e può approfittarne si gonfieranno a dovere ed è quello che conta.

Ciliegina sulla torta, per non farci mancare nulla in questi giorni insulsi, è un’altra iniziativa legislativa, solo apparentemente meno devastante di quell’altra. Quattro baldi consiglieri regionali, scandalizzati per la mancanza di un’onorificenza regionale degna di questo nome, propongono di colmare la disdicevole lacuna intitolando un bel premio a “Eleonora d’Arborea dell’isola dei nuraghi”. Potevano aggiungerci, visto che c’erano, “e dei macarrones de busa“. Oppure, per restare in tema, “e dei poli petrolchimici falliti”. Il bello è che questa gente, la cui faccia è talmente tosta da meritare l’esposizione in un museo scientifico, riveste i propri sproloqui di una patina di enfasi e di retorica para-nazionalista che, anche a voler essere magnanimi, non fa che rendere il tutto ancor più ridicolo.

Così, non li turba la minima esitazione nel proporre di intitolare l’onorificenza (che sarà ambitissima, non dubitatene!) alla “grande e nobile figura di Eleonora d’Arborea che rappresentò, nella nostra storia, il più esaltante simbolo dell’orgoglio autonomistico di un intero popolo”. Giuro, è scritto così. Ho messo il link, andate a verificare. L’orgoglio autonomistico… Eleonora d’Arborea… E magari dal suo palazzo sventolava la bandiera dei quattro mori… Chi può trovi l’insulto adatto alla circostanza: io non ne ho le forze.

Come si vede, il non-senso è una maledizione devastante che colpisce inesorabile a 360°.

Mi chiedo cosa abbiamo fatto di male, in qualche lontana epoca del nostro passato, per meritare questa nemesi.