Alessandro Mongili scrive su Facebook pochi giorni or sono (non ve lo linko neanche per sogno):
Negli ultimi anni avevo una percezione sempre più acuta del fatto che “something was wrong with Nùoro”. Ogni esperienza fatta in quella città, e ne ho fatte tante, anche a livello politico, mi metteva davanti mentalità e pratiche quasi sempre clientelari, familistiche, esclusiviste, poco trasparenti, complicate da capire, da crisi collettiva di status, o forse da percezione imminente del suo crollo.
Esistono molte Sardegne, e fra di esse non sempre correlate. La Sardegna nuorese, che non mi sembra molto simile alla Sardegna barbaricina (quasi un altro mondo), è orgogliosa e lagnosa allo stesso tempo, con un bisogno egolatrico talvolta misterioso, e difficile da sostenere nelle interazioni.
Ho sempre pensato che Nùoro, come in parte Sassari, sia quel tipo di città “meridionale”, come Gramsci le definiva, basate sul consumo delle rendite e, più recentemente, sul pubblico impiego. Dalle ultime novità, pare che di questo consumo di rendite lucrate ai bilanci statali, regionali (europei?) ne abbia fatto un’arte, e che procurarne sempre di nuove, e spesso surreali, sia la fonte di legittimazione di molti guitti nuoresi che infestano la politica sarda, molto trasversali, molto impettiti, molto curati nel parlare quell’orrendo italiano scolastico e legnoso che distingue, alla fine, le élite redditiere nuoresi. E che riempiono gli uffici pubblici, anche a livello regionale e statale, di loro famigli.
Ovviamente, queste pratiche mortifere, che moltiplicano la dipendenza, esistono anche altrove (con picchi nel Sulcis, in Ogliastra e anche in ogni altro dove), ma a Nuoro sono egemonici, accettati, visti come unica possibilità per uscire da una situazione drammatica. Perciò, allo sviluppo di imprese, di economia, di connettività interna, di “capitale umano” (come si dice in modo terribile) si preferisce puntare ancora su Cattedrali nel Deserto, con mega-strutture come a Lula (immagino con ricadute minime), tratte ferroviarie, e magari aeroporti, università, o chissà quali altre fantasie da piano di rinascita coattivo. Tutto mentre gli studenti dei licei nuoresi si devono sbattere per ore, alzarsi all’alba, per raggiungere le scuole, vista la carenza di trasporti interni alla provincia, la sanità nuorese affoga – come tutta quella sarda, e il 40% degli studenti barbaricini abbandona i percorsi scolastici. Nuoro e le sue drammatiche élite, furbe ma senza visione, aspirano a essere riconosciute come importanti dalle lontani capitali, e non capiscono che solo diventando utili per il territorio dove fisicamente si trovano, e non per i loro territori immaginari, la città può avere qualche futuro. Una città nata per governare la Barbagia, voluta dal potere coloniale, che ancora oggi ne porta i segni fisici, architettonici, mentali. Una città in qualche misura artificiale, in questo simile a Carbonia, e di cui non si vede quale futuro possa avere. E che adesso si mostra come l’epitome della corruzione sarda intesa come impresa collettiva e sostenuta dalla popolazione. Magari condendo il tutto con gli strali contro il cosiddetto cagliaricentrismo, che fanno tanto consenso. E questo nonostante il fatto che ogni esperimento di localizzarvi enti regionali (similmente a ciò che è avvenuto a Sassari) si scontra con l’incapacità di pensarsi “capitale” per tutti i sardi e per tutte le diverse Sardegne che esistono.
Già dda binceus cras sa gherra.
Mi sembra un testo interessante, molto lucido e con tanti spunti da approfondire. Al di là di Nuoro.
Dico subito che l’analisi è piuttosto convincente e non credo che alcuna persona che conosca Nuoro e sia intellettualmente onesta possa contestarne la veridicità. Ma vanno fatte delle precisazioni.
Primo: la descrizione è accurata ma non esaustiva. Si adatta perfettamente non a “Nuoro” in generale e in toto, ma più precisamente ai suoi gruppi dominanti e al loro retroterra sociale e culturale. Nuoro è questo ma, per fortuna, è anche molto altro. La famosa presunzione nuorese – che esiste, c’è poco da dire – non è millanteria, ma consapevolezza della forza creativa di questo luogo. Da molto tempo. Associata a un certo gusto per la lamentela, questo è vero. Le più aspre valutazioni su Nuoro sono quelle dei/lle nuoresi. Va sottolineato che esiste una dialettica a tratti aspra tra la Nuoro pigra, clientelare e familistica, ma barrosa, e la Nuoro creativa, emancipata e culturalmente vitale. La prima tende a soffocare la seconda, la tiene a bada, la corrompe, cerca di non farla emergere in tutta la sua potenzialità. È un problema prima di tutto per Nuoro.
Secondo: Nuoro vs. resto della Sardegna. Ossia, è vero che esistono tante Sardegne, a volte giustapposte senza nemmeno comunicare una con l’altra, ma questo non è un problema prettamente nuorese. È un problema generale dell’isola. Ed è dovuto al fatto che i gruppi dominanti hanno sempre fatto causa comune, quando si trattava di difendere i propri vantaggi, e al contempo hanno anche congiurato a mantenere divisa, conflittuale e ignorante di sé la maggioranza della popolazione. Certi campanilismi ottusi, certe forme di chiusura localista esclusivista, la vasta ignoranza di moltissime persone sarde sulla Sardegna esterna alla loro cerchia di frequentazioni e di relazioni non sono peculiarità nuoresi, ma tratti diffusi della comunità sarda nel suo insieme. È uno dei nostri mali, spesso spacciato per magagna congenita e atavica della razza sarda in quanto tale, ma in realtà instrumentum regni di lungo ed efficace impiego, a vantaggio dei nostri gruppi dominanti e dei loro referenti esterni.
Terzo: siamo sicuri che si tratti di Nuoro e basta? Molti dei tratti deleteri che Alessandro Mongili attribuisce a Nuoro – e che, come detto, andrebbero indirizzati prima di tutto ai suoi gruppi dominanti – hanno una diffusione decisamente più estesa degli immediati dintorni del Monte Ortobene. La qualità dei ceti dirigenti sardi è mediocre ovunque. Le eccezioni sono rare e suonano sempre come conferme della regola. La selezione delle classi politiche, amministrative, professionali nell’isola avviene al ribasso da molto tempo. Storicamente una delle cesure più significative – per la portata diretta che ha avuto sul nostro tempo – è stata la sconfitta della stagione rivoluzionaria sarda, con l’eliminazione dalla scena di migliaia di persone appartenenti ai gruppi sociali e intellettuali più avanzati, attivi, aggiornati. Da lì in poi la regola è stata che le élite dominanti sarde hanno portato su di sé la funzione di intermediarie tra i centri di potere di riferimento (esterni) e l’isola, traendone cospicui vantaggi. Funzionava in larga misura così anche in epoca spagnola, ma i tempi erano diversi, quelle élite erano di per sé legate anche in termini di parentela e di ascendenza culturale a Madrid e avevano un rapporto diretto, non minorizzato né subalterno, col centro del potere. Viceversa, dall’epoca sabauda e soprattutto dalla Restaurazione in poi, la relazione tra gruppi dominanti isolani e i loro punti di riferimento politici esterni è stato sempre di sudditanza, compiacenza, organicità opportunista. Questo tratto, mutatis mutandis, contraddistingue l’intera storia politica sarda degli ultimi due secoli, fino a oggi. Dentro questo quadro, i clientelismi, le trame miserabili dei maneggioni arrivisti, i familismi e i conflitti tra fazioni hanno attecchito come una pianta infestante si diffonde in un terreno particolarmente adatto. Non solo a Nuoro, ma ovunque. Le rivelazioni di queste settimane sull’uso disinvolto di denaro pubblico, di favoritismi ingiustificati e di elargizioni come minimo discutibili, oltre a non essere fatti nuovissimi, non sono nemmeno fatti che riguardano solo Nuoro. Nuoro è coinvolta come Cagliari, Sassari e vari altri centri, a seconda delle occasioni che si presentano, di chi gestisce il denaro e di quali ne siano le basi clientelari e i debiti (politici e non) da onorare.
Quarto: il cagliaricentrismo non è un problema nuorese e forse non è davvero un problema. Non mi pare che a Nuoro esista una diffusa percezione del cagliaricentrismo e una conseguente ostilità verso la capitale sarda. Intanto perché Nuoro – a torto o a ragione – non soffre di particolare sudditanza verso alcun altro centro dell’isola (caso mai il contrario). Poi perché storicamente non è mai stata vissuta una rivalità con Cagliari. Anzi, di solito i nuoresi, anche quelli che fanno del sarcasmo su Cagliari e i cagliaritani, a Cagliari si trovano benissimo e, non di rado, ci si stabiliscono. Senza contare che oggi, rispetto al passato, è molto più labile la percezione della distanza e della diversità dei due luoghi. Il cagliaricentrismo, in generale, mi pare di più un problema avvertito a Sassari, prevalentemente per i residui di una rivalità, questa sì storicamente stratificata, che ormai assume i contorni di una caricatura, di una posa. E anche qui la responsabilità maggiore, se non esclusiva, ricade sui gruppi dominanti soprattutto sassaresi. I quali, a dirla tutta, quando vogliono e/o possono, a Cagliari ci fanno il nido e ne traggono tutti i vantaggi del caso. In ogni caso, va sfatata e smontata questa argomentazione del cagliaricentrismo come fenomeno deleterio e ingiustificato. Non è un fenomeno così significativo e, in ogni caso, è piuttosto Cagliari che soffre nel non essere accettata in tutto e per tutto come città guida dall’intera isola. Il che però rimanda a questioni storiche, al policentrismo culturale e politico della Sardegna, alla storia stessa di Cagliari e alla sua posizione geografica molto decentrata: tutte questioni reali e diverse da un banale sentimento (poco) diffuso di ostilità pregiudiziale.
Quinto: Nuoro è sopravvalutata? Che piaccia o no, Nuoro non è solo una piccola città della remota Sardegna “di dentro”. È un centro importante da molto tempo. La erezione a provincia nel 1926 sanciva una rilevanza che la città già aveva (Nuoro era “città” da novant’anni, oltre ad essere sede di diocesi dal 1779). Certo, si trattava di una misura volta al controllo del territorio da parte del governo fascista (essere provincia significava essere sede di prefettura); in questo senso, emanazione di un “potere coloniale”. Ma questo è un problema che non riguarda storicamente solo Nuoro. A Nuoro una parte dei suoi gruppi dirigenti aderì opportunisticamente al regime, ma la città fu anche uno dei principali centri di emanazione dell’antifascismo sardo. Caso mai è nell’epoca attuale che si può notare una certa chiusura intellettuale e un diffuso conservatorismo di comodo, ostile a processi innovativi e a prospettive politiche più emancipate (e emancipative). Ma questo è un segnale della sclerosi demografica e sociale di cui soffre la città oggi. Purtroppo, in buona compagnia, dato che si tratta di fenomeni, anche in questo caso, diffusi in tutta l’isola.
Sesto: le carenze infrastrutturali esistono ed è giusto pretendere che vengano eliminate. La mancanza di collegamenti adeguati di cui Nuoro soffre è un dato di fatto e la loro richiesta non è un vezzo da provinciali emarginati. Chiaro, sono faccende che vanno ben pianificate e inserite in un disegno più vasto, di indole strategica, che investa tutta l’isola. Su questo sono lecite critiche, osservazioni e anche proposte (magari sulla base di qualche studio adeguato). Rifiutare semplicemente a Nuoro il diritto di godere di infrastrutture degne e di collegamenti vitali mi pare frutto di animosità personale, non certo di una serena e obiettiva valutazione. Dopo di che, a Nuoro si può anche evitare di andare, se ci si trova male. Diverso è non poterci andare anche volendo, per mancanza di mezzi. L’aspirazione nuorese ad essere uno dei nodi territoriali dell’isola e al contempo uno dei suoi centri culturali più importanti (magari con una sua sede universitaria e altri centri di studio e ricerca connessi, compreso – perché no? – l’Einstein Telescope) non è una pretesa assurda e ingiustificata. Si basa su fatti e dati storici e su necessità attuali. Il che non toglierebbe nulla a Cagliari, o a Sassari, i cui gruppi dominanti forse dovrebbero preoccuparsi della loro decadenza conclamata, più che augurarsi quella altrui. La crescita sociale e culturale di una città sarda deve essere un incentivo e un traino alla crescita delle altre. Non è più il tempo, posto che lo sia mai stato, delle rivalità campanilistiche e delle chiusure localistiche. Vale per Nuoro e vale per ogni altro luogo sardo.
In definitiva, il fulcro del problema non è quanto poco piaccia Nuoro a me o a chiunque altro, ma capire che i problemi di Nuoro sono una sorta di sineddoche dei problemi incancreniti dell’intera Sardegna. Senza affrontarli nel loro complesso, strategicamente e ovunque, non si risolveranno né a Nuoro né altrove. Giusto analizzarne fisionomia, cause e conseguenze, ma senza perdere di vista il contesto più ampio in cui si presentano e senza confondere il campo della battaglia culturale e politica con quello delle idiosincrasie e delle recriminazioni personali.
Trovo significativo quando Mongili descrive i ”molti guitti nuoresi che infestano la politica sarda” con riferimento a ”quell’orrendo italiano scolastico e legnoso che distingue, alla fine, le élite redditiere nuoresi”. Questo passo, specialmente, dice molto più di quanto si possa immaginare.