Il testo che segue è stato redatto insieme al mio amico Giulio Pala, torpeino, maestro di launeddas e da lungo tempo studioso di tradizioni musicali sarde. E’ uscito – con qualche modifica non concordata e corredata da note biografiche parziali – su una pubblicazione del Ministero dell’Istruzione italiano, all’interno di un progetto dedicato alle minoranze linguistiche in Italia.
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Introduzione
La Sardegna è una terra che ha una propria storia e che ha prodotto diverse civiltà nel corso dei secoli. Come tale ha anche una sua cultura profonda, stratificata e molto ricca, che mette insieme il patrimonio ereditato dal passato e le acquisizioni contemporanee. Questo si può dire tanto per la musica, quanto per la lingua. In entrambi i casi, la Sardegna presenta una situazione varia, difficile da inquadrare in schemi troppo semplici. Una situazione in larga parte estranea a quella prevalente in Italia. È importante capire questo aspetto, perché spesso è difficile parlare di cose sarde senza cadere nei luoghi comuni trasmessi dalla televisione, nel folklore, nelle immagini da cartolina per turisti. Lingua e musica in Sardegna sono strettamente legate e integrate e in questo articolo intendiamo mostrare come e perché. Cominciamo da qualche spiegazione indispensabile.
A) La musica in generale
Bisogna prima di tutto sfatare il mito che la musica sia un linguaggio universale, attraverso il quale ci si può sempre capire anche tra culture molto distanti tra loro. Questo fatto non è vero o lo è solo in parte. L’universalità della musica più che altro riguarda il fatto che tutti i popoli del mondo la conoscono e la praticano, ma ognuno a suo modo, con tecniche e sonorità anche molto diverse, gusti specifici, importanza sociale e simbolica variabile da una comunità umana all’altra. Possiamo dire che la musica sembra essere una necessità insopprimibile dell’animo umano e che le varie popolazioni hanno prodotto tante musiche differenti. Questa è una grandissima ricchezza.
La disciplina che studia in particolare la musica popolare e tradizionale si chiama etnomusicologia. L’etnomusicologia sostiene che se si vuole capire più in profondità la musica di un popolo, è bene studiarla nel suo contesto culturale, nei luoghi e in mezzo alle comunità che l’hanno prodotta e la usano. Allo stesso modo uno dei modi più efficaci per conoscere un popolo e la sua cultura è quello di studiarne la musica. La musica, tutta la musica, in ogni sua forma, è sempre legata ai fatti della vita dell’uomo. Attraverso la musica si può capire come la gente sta assieme, si diverte, si commuove, soffre, si confronta, quale sia la sua visione del mondo.
Possiamo ritenere la musica un porta privilegiata per l’accesso alla cultura di un popolo e quindi alla sua lingua. Musica e lingua sono elementi fondamentali in ogni cultura e sono legate tra loro.
B) Musica sarda
In Sardegna la musica è molto diffusa e praticata in tutte le sue forme espressive e tecniche. Si va dalla musica popolare tradizionale, alla musica popolare moderna, al jazz, alla musica classica e lirica. In ognuno di tali ambiti ci sono artisti sardi di livello internazionale e una vasta schiera di praticanti, a ogni livello, da quello dilettantistico e privato a quello professionale. I diversi ambiti musicali a volte si intrecciano e sovrappongono, o perché gli stessi musicisti praticano generi musicali diversi, o perché si creano contaminazioni artistiche tra generi.
B.1) Musica tradizionale
Una caratteristica della Sardegna è che la musica sarda tradizionale è ancora straordinariamente presente. È una musica che, nonostante le inevitabili influenze della “modernità”, mantiene ancora una forte vitalità. Il suo stato di salute, un po’ come succede per la lingua, non è omogeneo nel territorio. Ma essa è ancora molto radicata nel tessuto sociale sardo.
Se si eccettuano alcuni generi (certi modi di cantare e alcuni strumenti musicali stanno ormai andando in disuso), possiamo constatare che essa è praticata non soltanto da anziani ma anche e spesso da giovani e giovanissimi. Quindi non è una musica da museo, morta, da studiare con la nostalgia dei bei tempi passati, ma una musica attuale (quasi di moda in certi casi), che è ancora capace di coinvolgere ed emozionare chi la pratica o l’ascolta. Inoltre è sempre più apprezzata per la sua qualità e originalità da musicisti e appassionati di tutto il mondo.
Le occasioni per ascoltare questa musica sono numerose: feste paesane religiose o civili, sagre di tutti generi, concerti, feste familiari, festival, altre occasioni spontanee. Inoltre la si può ascoltare in alcuni programmi televisivi, radiofonici e innumerevoli sono, da anni, le pubblicazioni di dischi, audiocassette e CD, ed anche la sua presenza su internet.
Possiamo fare uno schema suddividendo per comodità il panorama della musica sarda tradizionale in tre categorie: musica vocale (canti con sole voci senza strumenti), musica strumentale, musica vocale e strumentale (canti con accompagnamento di strumenti).
La musica vocale comprende: a) i canti monodici (canti con una sola voce), come le anninnias (ninna nanne), i duru duru (filastrocche per far giocare i bambini piccoli), gli attitos (canti funebri, di solito eseguiti da prefiche professioniste o da donne della famiglia del defunto), balli cantati di vario tipo, ed altre forme di canto (questi sono sicuramente modi di cantare che piano piano si stanno perdendo, perché legati a certe occasioni che la vita moderna sta modificando o facendo scomparire); b) i canti a più voci: a tenore, a cuncordu, accompagnamento della poesia improvvisata. Il più noto tra i canti corali è il canto che viene chiamato “a tenore”, eseguito da un coro di quattro voci maschili di cui una intona il canto e le altre tre la accompagnano con accordi (pronunciando dei “nonsense”, delle sillabe che non costituiscono parole), con un’emissione vocale gutturale. Il repertorio è per lo più composto da canti profani (balli, serenate, poesie scherzose o di contenuto civile o politico). Su tenore accompagna anche i poeti improvvisatori. Il canto a tenore è patrimonio immateriale dell’umanita per l’UNESCO.
Nella musica strumentale lo strumento più rappresentativo sono le launeddas. Le launeddas pur avendo alcune similitudini con altri strumenti popolari del bacino mediterraneo, se ne distinguono per alcuni tratti particolari, che ne fanno uno strumento unico nel mondo e probabilmente di origine antichissima. Sono uno strumento a fiato, ad ance, composto da tre canne: due di esse, mancosa e mancosedda, sono canne melodiche, la terza più lunga delle altre, chiamata tumbu, emette una nota sola, profonda e continua. Mancosa e tumbu legate assieme si suonano con la mano sinistra, la mancosedda si suona con la mano destra. Le launeddas si suonano con una particolare tecnica respiratoria (la “respirazione circolare”), che consente di suonare e respirare contemporaneamente senza interruzioni per diversi minuti.
Nello strumentario sardo si annoverano anche diverse varietà di flauti di canna (sulitus, pipiolos) e altri strumenti a fiato (benas), tamburi di vario genere (tumbarinos), scacciapensieri (trunfa), triangoli e fino a qualche secolo fa anche strumenti a corda, ormai completamente caduti in disuso. Sono molto usati anche alcuni strumenti relativamente recenti (inventati a metà ‘800), non tipicamente sardi, quali la fisarmonica, l’organetto diatonico e l’armonica a bocca. È molto usata anche la chitarra, che occupa un posto importante nella musica sarda, come strumento di accompagnamento di un particolare genere di canto. Il repertorio degli strumenti musicali, quando non accompagnano il canto, riguarda soprattutto i balli e gli accompagnamenti religiosi e qualche marcia.
Nella musica tradizionale della Sardegna, salvo alcune eccezioni, di solito non si associa un testo ad una musica in modo esclusivo, come nelle canzoni moderne. Esistono invece delle melodie standard che si adattano ritmicamente a cantare certi tipi di poesie. Poesie che hanno delle forme ben definite: strofe composte da un determinato numero di versi, versi di lunghezza precisa nel numero delle sillabe, disposizione delle rime, metrica. Alcune di queste poesie si possono improvvisare cantando, altre si compongono a tavolino e poi si cantano successivamente. Nella pratica possiamo trovare lo stesso testo, la stessa poesia, cantata con diverse melodie e la stessa melodia con parole diverse.
B.2) Musica moderna
Insieme alla musica tradizionale, in Sardegna sono molto praticati anche i generi della musica contemporanea internazionale, spesso adattati a melodie e testi tradizionale o contaminati con essi. Pop, rock, reggae, hip hop, dub, etnorock, ska sono tutti generi molto praticati. In molti casi anche questi generi moderni usano testi in sardo o in altre lingue sarde (sassarese, gallurese, tabarchino, catalano, oltre all’italiano). Lo stesso jazz, molto apprezzato e praticato in Sardegna, con artisti di fama mondiale (come Paolo Fresu, Antonello Salis e altri), spesso richiama temi tradizionali, li rielabora, li contamina. A volte, in uno o l’altro di questi generi, si usano insieme strumenti tradizionali e strumenti moderni.
C) Lingue di Sardegna
In Sardegna esiste una lingua storica propriamente riconosciuta come “lingua sarda”, una lingua neolatina formatasi nel corso del medioevo parallelamente alle altre lingue neolatine storiche europee (castigliano, catalano, portoghese, occitano, francese, volgari italici). È una lingua parlata o conosciuta dalla maggior parte dei sardi (dati 2006). Il sardo costituisce la più diffusa lingua alloglotta (ossia estranea al sistema linguistico principale) dentro lo stato italiano. In Sardegna esistono però da alcuni secoli anche altre lingue che possiamo definire propriamente sarde: il sistema linguistico “sassarese/castellanese(Castelsardo)/gallurese” che possiamo considerare genericamente un sistema sardo-corso; il catalano di Alghero (dal 1355); il tabarchino, l’antica parlata ligure degli abitanti dell’isola di San Pietro (sud-ovet della Sardegna), lì trasferiti nel ’700 dall’isola tunisina di Tabarca, dove risiedevano fino a quel momento. Esistono anche piccole colonie di veneti (Arborea, OR) e di istriani (Fertilia, presso Alghero, SS), di immigrazione molto più recente (XX secolo). L’italiano, negli ultimi cinquanta anni, è diventata una lingua conosciuta e praticata, spesso ormai come prima lingua, da tutti i sardi.
La situazione linguistica della Sardegna dunque è da secoli una situazione complessa, plurilinguistica. Questa, che sarebbe una grande ricchezza, sia dal punto di vista culturale sia dal punto di vista degli strumenti didattici, è stata invece oppressa e soffocata negli ultimi 100 anni, a causa del disinteresse politico, tramite la scolarizzazione di massa e i mass media contemporanei (radio e soprattutto televisione, dagli anni Sessanta del secolo scorso). Tuttavia, si tratta di una risorsa linguistica e culturale ancora viva e sono in atto molti sforzi – purtroppo spesso solo dal basso, spontanei, senza supporto politico – per preservarla e trasmetterla alle generazioni future.
La musica in questo ha una parte fondamentale. Possiamo dire che in Sardegna la musica salva la lingua e la lingua salva la musica. Una alimenta l’uso dell’altra. Un uso vivo, creativo.
D) Musica e lingua
Possiamo fare degli esempi pratici di come musica e lingua possano aiutarsi a vicenda.
La conoscenza che molti bambini o ragazzi in età scolare hanno della musica tradizionale è molto scarsa o nulla. Questo è vero in modo particolare nei contesti in cui è scarsa anche la conoscenza del sardo (o della lingua storica locale). Le due cose sembrano andare in qualche modo di pari passo.
Un buon approccio per rivitalizzare sia la musica tradizionale sia l’uso vivo della lingua può essere quello di approfondire la conoscenza della nostra musica attraverso l’ascolto (ancora meglio se in video), guidato da parte di un esperto, di brani selezionati in modo da rappresentare i principali generi musicali sardi, con esempi scelti naturalmente in base all’età degli allievi. Si potrebbe rivelare molto importante l’incontro e l’interazione con musicisti, cantori e ballerini della tradizione locale, con brevi concerti e spiegazioni (meglio se in sardo o nella lingua storica locale) sulle musiche e le danze eseguite.
Imparare a conoscere gli strumenti tradizionali e magari imparare a suonarne uno può essere una buona strada per associare la pratica musicale e l’approfondimento della conoscenza linguistica. Questo discorso vale per tutti gli strumenti sardi, ma è particolarmente vero per le launeddas. Questo strumento oltre ad avere un mondo sonoro molto caratteristico, fatto di ritmi e timbri molto specifici, porta anche con sé un lessico tecnico molto specializzato, una serie di parole che identificano le parti di cui e fatto lo strumento, i diversi tipi di launeddas, i materiali di costruzione, le tecniche esecutive, i nomi dei brani che si suonano, ecc. Apprendere il lessico tecnico e imparare a suonare lo strumento vanno di pari passo. Un po’ come succede a chi fa arti marziali e impara diverse parole, compresi ad esempio i numeri, nella lingua di origine di quell’arte marziale.
Un percorso didattico efficace potrebbe consistere nel far ascoltare agli allievi musica tradizionale e poesia in lingua e poi farli cimentare a loro volta nella composizione poetica accompagnata da musica. Il canto, in questo senso, è sicuramente il mezzo privilegiato, perché più direttamente legato alla lingua. Imparare ad eseguire un canto con un testo conosciuto e importante della tradizione (un classico, insomma) è sicuramente una strada percorribile e che può dare molti frutti, sia in termini di adesione dei ragazzi al progetto didattico, sia in termini di soddisfazione finale. Tuttavia potrebbe esser ancora più efficace proporre un percorso in cui i ragazzi oltre che ascoltare dei brani e delle poesie si cimentino direttamente nella composizione di testi da cantare. Del resto, è quello che si fa ancora oggi, ogni giorno, nell’ambito della musica sarda, anche in quella tradizionale: si producono continuamente testi nuovi, poi eseguiti secondo le modalità tradizionali.
In questo caso la presenza attiva dell’esperto è ancora più indispensabile. Il coinvolgimento degli allievi nella composizione dei testi può assumere a tutti gli effetti gli aspetti del gioco, con le sue regole (relative al numero dei versi e alla loro lunghezza, alle rime, alla metrica, ecc.), un gioco in cui saranno coinvolti genitori e parenti nella ricerca delle parole adatte da rimare, con i giusti significati.
La tradizione sarda offre una serie di modelli poetici di pochi versi abbastanza semplici e adatti allo scopo, per altro spesso ripresi o rivisitati anche in generi musicali contemporanei (trallalleras, mutos, batorinas ecc., tutti adatti alla parodia, ala satira, al gioco di parole). Il lavoro potrebbe consistere nel creare brevi composizioni personali, o collettive (della classe), su argomenti che possono essere i più disparati, ma aderenti alle esperienze dei ragazzi stessi (la vita scolastica, il gioco, la famiglia, i fatti del paese o della città, e così via). Si potrebbero raccogliere e ascoltare uno o più modelli di canto, in base alle tradizioni locali e all’età degli allievi, dopo di che si procederebbe a scegliere il più adatto o i più adatti allo scopo o ai gusti degli allievi stessi. Una volta elaborate le composizioni, esse potranno essere cantate con le loro melodie tradizionali, con le sole voci o anche con l’accompagnamento degli strumenti tradizionali, o ancora con l’inserimento di altri strumenti moderni, in rielaborazioni musicali di vario tipo, lasciandole per così dire al loro corso naturale. Nel caso di “canti a ballo” potranno anche essere danzate.
L’immersione, più o meno prolungata, nella cultura musicale sarda porta inevitabilmente – anche se non in modo automatico – ad un’apertura verso il sardo o le altre lingue storiche locali. Se consideriamo che per lungo tempo il sardo e le altre lingue di minoranza sarde sono state catalogate come dialetti, o addirittura condannate come lingue dell’ignoranza e della povertà, ci rendiamo conto che è necessario restituire loro tutta la dignità e il valore che un tale patrimonio culturale possiede. La pratica della musica tradizionale e popolare nelle sue varie forme può essere senz’altro il miglior modo per incoraggiare l’allievo verso l’apprendimento linguistico. Può essere un grande strumento di facilitazione, utile ad abbassare o eliminare i blocchi psicologici derivanti dal senso di vergogna e inadeguatezza che molti sardi (in primis gli adulti) provano ancora verso la propria cultura. Al contempo la curiosità per la lingua può incoraggiare l’apprendimento musicale, che poi naturalmente si può ampliare ad altri strumenti e ambiti espressivi, non solo tradizionali.
Per concludere possiamo dire che la Sardegna si presenta oggi come un grande laboratorio in cui convivono e si integrano tanti aspetti e tante risorse materiali e spirituali diverse, sia in campo linguistico, sia in ambito musicale. Ciò può costituire un importante strumento di crescita culturale e civile per le nuove generazioni e può essere anche un esempio virtuoso per altre comunità umane, in Italia e non solo. Gli strumenti e la sensibilizzazione offerti a livello istituzionale, legislativo e scolastico sono in questa prospettiva sicuramente decisivi.