Bruciarsi il cervello

Dubito che Ray Bradbury sapesse qualcosa della Sardegna e di quel che vi succede. E non credo che fosse in grado di decidere quando morire. Ma se ne avesse saputo qualcosa e fosse stato in grado di decidere, non avrebbe potuto scegliere giorno migliore per dare l’addio al mondo.

Nelle stesse ore in cui si spegneva l’autore di Fahrenheit 451, il sindaco e il presidente della provincia di Nuoro, Sandro Bianchi e Roberto Deriu, proponevano di protestare contro i tagli alle biblioteche pubbliche bruciando libri in piazza. Un po’ come contrastare le discriminazioni etniche con un genocidio. Non c’è male come trovata.

L’accostamento non è una forzatura gratuita. Persino gli esimi esponenti politici nuoresi avranno letto una volta o l’altra la famosa massima di Heine “Là dove si bruciano i libri si finisce per bruciare anche gli uomini”. O forse no, chi lo sa. Mai sopravvalutarla, questa gente.

Il fatto in sé, ritaglio di cronaca locale, assume un significato simbolico più ampio. La politica sarda sembra perduta in una terra di nessuno, senza più riferimenti. Persi gli appigli, venuti meno i rapporti con i centri di potere oltremarini, non sa a quali risorse teoriche e pragmatiche attingere. Tutta la mediocrità di un personale politico e amministrativo selezionato in base alla sua pochezza umana e alla sua inoffensività in questi frangenti emerge nel suo aspetto più drammatico.

Questo è il risultato di duecento anni di dipendenza e subalternità e di sessant’anni di autonomia malata. Non sapendosi assumere le proprie responsabilità, i politici sardi si affidano a gesti inconsulti, ai loro occhi narrativamente significativi, per ostendere tra la squallida realtà della loro debolezza e gli occhi dei cittadini il velo di una finzione improbabile, in cui le loro povere figure abbiano ancora un qualche ruolo.

Il ridicolo di cui si coprono aumenta al crescere della consapevolezza diffusa circa la loro pochezza. Il che rappresenta un problema, segnala una potenziale tragedia, dato che la storia non aspetta che ci si adegui ai suoi processi e alle sue accelerazioni. Ci troviamo in un momento in cui sarebbero necessarie scelte coraggiose prese alla luce di competenze, di coscienze critiche e di risorse etiche di cui le forze politiche dominanti in Sardegna non dispongono.

Così, anziché studiare un modo per strutturare meglio il sistema bibliotecario pubblico, acquisendo competenze, progettando soluzioni, trovando le risorse necessarie, si bruciano i libri. Emblematico corto circuito spirituale, molto prossimo alla follia autodistruttiva. Conseguenza diretta dell’interiorizzazione dei nostri miti identitari subalterni e della nostra prolungata deprivazione culturale, materiale e sociale.

L’unica consolazione in questo frangente risiede nella forza e nella rapidità con cui si sono mobilitate le energie sane della collettività, non solo a Nuoro. Quelle energie sane che il sistema di potere si è a lungo guardato bene dal selezionare per ricoprire ruoli pubblici importanti e che ora però possono e devono prendersi una rivincita, assumendosi la responsabilità di offrire risposte sensate alle necessità della nostra vita associata. Un ruolo di supplenza dell’attuale impresentabile quadro politico che presto dovrà tramutarsi in una sostituzione concreta nella gestione della cosa pubblica, in nome degli interessi generali dei sardi e della nostra liberazione materiale, politica e morale.