Un caso tipico di psicosi sardopatica. Pesco dalle rubriche della Nuova online, Sardinians, di Alberto Mario Delogu. Si cita una nota dichiarazione di Einstein a proposito di crisi, ripresa a sua volta da Renato Soru. E fin qui va bene.
Poi qualcosa scricchiola. La costruzione retorica è abbastanza banale, niente di che, ma senza infamia e senza lode. Ci può stare. Non è quello. No, è che se si torna indietro e si legge meglio si nota che la contestualizzazione e l’ottica soggettiva in cui il tema è inquadrato (la crisi come opportunità da sfruttare) ha al suo centro l’Italia. Il paragone è tra una banca canadese e un “in Italia”. Ossia, presumibilmente, il posto in cui si immagina che si trovino i lettori di questo pezzo.
Però Delogu fa il pistolotto riferendosi a Renato Soru e dunque – se ne dedurrebbe – alla situazione sarda. Invece sta parlando dell’Italia. Come fosse la stessa cosa. Dà evidentemente per scontata questa appartenenza, senza curarsi affatto della sua fondatezza problematica.
La conclusione è conseguente ed esemplare, tipicamente sintomatica della devastante espropriazione di sé stessi subita dai sardi. Facendo il paragone con la reazione alla crisi della sua banca canadese, l’autore del pezzo se n’esce con questa chiosa finale:
Certo, questi saranno pure dei cowboy, ma santiddìo, Rinascimento e Risorgimento li abbiamo inventati noi! Perché lasciare a loro il primato di un colpo di reni, di una rimboccata di maniche, e di uno slancio di creatività?
Rinascimento e Risorgimento li abbiamo inventati noi? Noi chi? I lettori della Nuova? I sardi? I sardi emigrati in Canada? Non è chiaro.
Quel che è chiaro è la tragica (e spesso tragicomica) confusione nella nostra dislocazione storica. Un effetto tipico della colonizzazione mentale e dei processi di acculturazione subiti dai sardi negli ultimi centocinquant’anni.
Se la storia serve a situarsi nel tempo e nello spazio, avere interiorizzato una storia diversa dalla propria, da quella della propria gente e del proprio luogo di appartenenza, causa un errore di valutazione e di identificazione. Pensi al tuo passato e vedi il passato di qualcun altro, credendolo il tuo. Invece non lo è.
Dispiace fare questa rivelazione così, in modo sbrigativo e brutale, ma, caro Alberto Mario Delogu e cari lettori della Nuova (e cari sardi tutti), la notizia è che il Rinascimento e il Risorgimento non li abbiamo inventati noi. Noi eravamo impegnati a fare altro, eravamo altrove. Un altrove misterioso e oscurato, ma non inconsistente. E nemmeno ignobile o barbarico. Solo, sconosciuto ai più.
Pensarsi dentro una storia altrui, ignorando la propria, è uno dei più grossi problemi di cui soffrono i sardi contemporanei. Tanto grosso da spiegare in larga misura tutti gli altri. Compresi quelli, oggi così incombenti, di natura economica e sociale.
Per risolvere questi è indispensabile risolvere quelli. Non basterà servire the e pasticcini nelle filiali del Banco di Sardegna. L’unica reazione proattiva alla crisi è quella di recuperare noi stessi, la consapevolezza del nostro posto nel mondo, e assumerci la responsabilità della nostra storia. Dopo di che, potremo anche adottare proficuamente l’ottica suggerita da Einstein.