Lost e il suo mistero

Pare che il nostro cervello funzioni per metafore, secondo gli artifizi del linguaggio figurato. Forse è vero.

Lo sanno di certo gli sceneggiatori della fortunata serie televisiva Lost. Di questi tempi, insieme al disastro ambiental-petrolifero del Golfo del Messico e alla crisi economica dalle mille teste (peggio dell’Idra!), la sua fine e i misteri irrisolti che si è portata appresso sono uno dei temi più dibattuti al mondo.

Quel che si può dire in merito l’ha detto – meravigliosamente come al solito – Alessandra Daniele su Carmilla on line. A ciò potrei serenamente rimandare senza aggiungere alcunché.

Tuttavia, credo che ci sia ben altro, dietro questo serial televisivo così affascinante (e insieme deludente). Ci ho pensato su sin dalla prima serie. D’altra parte, credo fosse inevitabile. La storia di questa gente, che si ritrova, senza sapere come, a vivere su un’isola (come tutti noi, no?), mi ricordava qualcosa di familiare. La sensazione di familiarità si è accresciuta, anziché sfumare, con la fine della saga.

Ma certo!, mi sono detto ad un certo punto: tutta la storia non è altro che una sapiente allegoria della nostra vicenda storica recente. È lampante.

Insomma, c’è questa gente qua che se ne sta su un isola. Chi desidera a tutti i costi di lasciarla, chi non vorrebbe andarsene mai. Qualcuno vorrebbe sfruttarne le risorse (vere o presunte), qualcun altro vorrebbe difenderla ad ogni costo da qualsiasi intervento esterno. Anche chi la lascia non riesce a liberarsene. Alla fine, da tutto l’aggrovigliamento emotivo suscitato dalla trama e dai personaggi, quel che risulta è una situazione deludente e insensata, fonte di frustrazione senza un perché.

Non sembra chiaramente qualcosa di già visto?

E il finale deludente e insensato non l’abbiamo già vissuto e continuiamo a viverlo, come un loop diabolico che non riusciamo a interrompere? Questo fenomeno è reso benissimo dagli sceneggiatori di Lost!

È l’incantesimo autonomista, che ci obnubila lo spirito e ci nasconde la Verità, facendocela intravvedere a sprazzi e non a tutti, ma solo a chi avvia un processo di auto-liberazione. L’ottundimento autocastrante da nazione abortiva, da italiani speciali, da quelli che non possono farcela da soli, ecc. ecc.

Ma noi, a differenza dei protagonisti di Lost, non siamo ancora morti. Non siamo ancora trasmigrati in una dimensione diversa, fuori dalla storia. L’incantesimo possiamo spezzarlo e possiamo tornare a vivere sull’isola, in pace con noi stessi e con la nostra terra. Solo che ce ne assumiamo la responsabilità.

E con ciò si risolvono tutti i misteri di una trama e di un finale che, altrimenti, risulterebbero del tutto incomprensibili.