Pare che oggi, 4 novembre, si celebri l’anniversario della vittoria nella Prima guerra mondiale nonché la festa delle forze armate italiane. La vittoria dell’Italia, chiaramente. Per una che l’Italia può vantarne…
Dico “pare”, perché stranamente non ho acora visto molti proclami, comunicati ufficiali e sparate mediatiche degne di tanto evento. Eppure la retorica neo-risorgimentale (un po’ para-fascista) alla quale indulgono da qualche anno politici di ogni colore e mass media mainstream dovrebbe buttarcisi a pesce. Del resto, la giornata non è ancora finita: c’è tempo.
Quel che mi preme mettere in chiaro, però, per poco che valga, è che non sono disposto a mandare giù eventuali celebrazioni in proposito che dovessero tenersi in Sardegna. Sono arcistufo di veder perpetuare la retorica dei sardi indomiti della Brigata Sassari (che tra l’altro, in questo momento è impegnata, purtroppo, in una guerraccia ben poco onorevole e del tutto assurda, più assurda della media delle guerre). Anche quella è una bella camicia di forza che ci hanno cucito su misura e di cui noi, fresconi come sempre, abbiamo anche la malagrazia di pavoneggiarci.
Beato il paese che non ha bisogno di eroi, diceva quello. Ed è vero. Specie se si tratta di eroi per conto terzi.
Un giorno bisognerà raccontarla sul serio la storia della Prima guerra mondiale in Sardegna. Perché, ebbene sì, nonostante tutta la retorica e i fiumi di inchiostro sprecati a proposito dei gloriosi 151° e 152° reggimento, è una storia che nessuno si è ancora preso la briga di indagare veramente e di raccontare in tutti i suoi risvolti. Credo che sarebbe una fonte di scoperte piuttosto illuminanti circa la nostra condizione storica attuale. Forse un po’ dissonante rispetto al rumore di fondo propagandistico, ma anche per questo certamente salutare.
E comunque io le forze armate non ho tutta questa voglia di festeggiarle.