Questo mese non sono mancate le notizie che possono darci degli spunti per ragionare del nostro futuro e di ciò che veramente è importante per noi, sia come individui, sia come abitatori dell’unico pianeta ospitale di cui disponiamo.
Per esempio, è stato conferito il premio Nobel per l’economia a una donna. E che donna! Elinor Ostrom, con i suoi studi, apre una prospettiva credibile per tutti coloro che, orfani da tempo di qualsiasi soluzione alternativa, non si rassegnano all’ideologia unica del capitalismo totalitario.
Più in piccolo, ma in connessione con la premiazione della Ostrom, sabato scorso si è celebrato, in Italia e anche in Sardegna, il Linux Day, la festa del software libero dedicata al più importante sistema operativo open source. Solo l’inettitudine e il servilismo degli operatori mediatici main stream ha potuto ignorare l’evento (salvo dedicare un certo spazio – sacrosanto, per carità – alla giornata internazionale della psoriasi).
Si è parlato tanto, invece, anche in Sardegna, delle così dette “elezioni primarie” del Partito Democratico. Messinscena mediatica dall’esito già noto, ma nondimeno capace di mobilitare centinaia di migliaia di persone desiderose di dar corpo alla parola più priva di referente concreto che esista: democrazia. Questa sì che era una notizia. Lenzuolate sui quotidiani, servizi fiume sui tg, il tutto per celebrare la rivincita dei politicanti di lungo corso sulle pretese di rinnovamento di un partito quasi vero. Ovviamente, la Sardegna non poteva smentire l’andazzo generale. Così, da noi ha avuto la meglio tale Silvio Lai, rampollo di una famiglia “bene” di Sassari (culla di politici italiani illustri, sia pure di natali isolani). Esce bastonata la componente del PD sardo più vicina all’ex presidente regionale Soru, speranzosa di riprendersi il partito (che non è mai stato suo) e di rivedere Soru medesimo alla riconquista della Sardegna. Soru invece, coerentemente con il suo orizzonte culturale e politico, andrà a ingrossare le file della Assemblea nazionale del PD. In Italia, ovviamente, con buona pace della sua “piccola patria” e di chi quaggiù lo vede ancora come una speranza di riscatto per i sardi.
Intanto, tra la mancata opposizione al progetto di deturpazione eolica del litorale occidentale sardo e un’approvazione della cementificazione selvaggia delle coste, la giunta regionale, guidata dall’incredibile Nichele Cappellacci, stabilisce di assumere (col beneplacito e il voto unanime favorevole delle opposizioni in consiglio regionale) una squadra di “professionisti” della comunicazione, creando un ufficio stampa degno di tanta statura politica. Una dozzina di personaggi più o meno imparentati con gente che conta qualcosa, chiamati direttamente senza alcuna selezione e senza tener conto del loro (eventuale) curriculum professionale, trasmetteranno urbi et orbi il Cappellacci-pensiero (nella malaugurata ipotesi che il Nostro ne concepisca uno), o – per meglio dire – ciò che i padroni della Sardegna stabiliranno di far sapere al volgo. La cosa sarebbe grottesca (la schiera di novelli portavoce si chiama “contingente giornalistico”), se non costasse una cifretta come 1 milione e 385mila euri [1].
Insomma, non ci manca di che chiacchierare. Eh, che tempi fortunati!
[1] Fonte: il “Fatto Qutoidiano” del 28 ottobre 2009, pag. 5.