A dispetto dei santi

Sabato 3 ottobre, si è tenuto ad Ollolai (NU) un mega convegno/dibattito su autonomia, sovranità e indipendenza, organizzato dall’associazione Sardegna Democratica, fondata da renato Soru per dare sfogo al malcontento dei suoi seguaci dopo la sconfitta elettorale. Le ambizioni dell’associazione sono notevoli, come dimostra anche il sito web della medesima. E si sono manifestate anche nell’occasione di sabato scorso. 

Tuttavia, la montagna ha partorito un topolino. Lo stesso Renato Soru non ha saputo fare di meglio che:

– ribadire di essere più impegnato con la sua azienda che con la politica;

– rifiutare la prospettiva indipendentista, a favore di una retorica promozione dell’indipendenza spirituale individuale dei sardi (come se la prima potesse realizzarsi senza che maturasse la seconda, mah…);

– dichiarare la propria fedeltà alla costituzione italiana e segnalare la medesima come unico punto di riferimento istituzionale e morale per i sardi di oggi e di domani, con l’argomentazione che i sardi da soli non sono mai riusciti a scrivere una costituzione propria.

Insomma, l’Italia come unico orizzonte di riferimento politico, culturale e persino giuridico, per la nostra povera “nazione fallita”. Un bel risultato, per una giornata che prometteva aperture di tutt’altro segno!

Il bello è che, se non bastasse l’ormai avviato processo di auto-coscienza dei sardi, ci pensano gli altri a ricordarci quale sia il nostro posto nella storia. Questi sono proprio tempi duri per i sardi che si ostinano a difendere la propria (e altrui) appartenenza italiana.

Eccone un esempio. Il mai troppo osannato ministro Bondi tempo fa aveva fatto redigere le linee guida per i festeggiamenti da dedicare all’anniversario dell’unificazione politica italiana (2011). Tali linee guida devono essere sembrate troppo sbilanciate in salsa leghista, evidentemente, perché un comitato di cittadini italiani benemeriti (presieduto dall’immancabile C.A. Ciampi) ha provveduto a rendere pubblici alcuni suggerimenti di correzione, se non proprio di revisione, al documento ministeriale. Ora, uno dei loro argomenti forti è la profonda unità del popolo italiano, il “patrimonio di identità e di coesione nazionale che gli italiani hanno maturato nella loro storia”. Un’identità nazionale “che ha le sue radici nella formazione della lingua italiana (…) e che negli ultimi due secoli s’è sviluppata in una continuità di ideali e valori dal Risorgimento alla Resistenza alla Costituzione Repubblicana” (cito dall’articolo della Repubblica on-line di oggi). Il problema, per tutti i sardi “italiani speciali” e “più italiani degli altri”, si pone nel momento in cui gli elementi fondanti di tale appartenenza risultano già a una prima occhiata del tutto estranei a qualsiasi processo culturale e/o politico che abbia riguardato la Sardegna nei secoli dei secoli. Se la ragione fondante dell’unitarietà nazionale degli italiani è la lingua italiana, allora stiamo freschi. E non perché i sardi non la conoscano e non abbiano imparato a usarla compiutamente (come sarebbe stato lecito dubitare fino a pochi decenni fa), ma perché sappiamo benissmo quanto poco ci abbia riguardato la formazione dell’idioma italico e quali siano state le modalità di imposizione del medesimo in Sardegna. Quanto al resto, sperare che noi sardi possiamo identificarci nell’Italia per via della partecipazione almeno sentimentale, se non concreta, a Risorgimento e Resistenza, be’, qui c’è davvero poco da discutere. Avessero almeno citato la Grande Guerra, ci sarebbe stata la scappatoia dei lutti e delle eroiche gesta della Brigata Sassari, unico vero fondamento di ogni sardismo e autonomismo e di ogni fedeltà alla “patria grande” (o madrepatria). Ma così proprio non c’è alcun appiglio.

Insomma, più si fanno carte false dalle nostre parti per accreditarci come legittimi abitatori del sistema culturale, politico e simbolico italiano, più quegli altri ci ricordano quanto siamo distanti. E non solo in termini geografici (che pure hanno il loro bel peso). Peccato che non ci sia un’altra guerra a disposizione, per dimostrare la nostra orgogliosa ansia di integrazione.

Uhm, a pensarci, forse una guerra a disposizione la abbiamo pure…