Come era da aspettarsi, ecco qui un’eloquente dimostrazione di quale sia ancora oggi l’ideale esistenziale dei sardi (o meglio, quello che ancora vorrebbero imporci): l’orgoglio per essersi sacrificati. Per l’Italia, ovviamente. Immancabile l’affiancamento – simbolicamente chiaro – tra tricolore e quattro mori. L’ideologia sardista e autonomista trova qui il suo massimo compimento, dopo averci fondato le proprie basi teoriche e politiche. Il cerchio si chiude.
Ma naturalmente non basta la retorica a validare definitivamente questo assetto di significati precettivi. Ecco dunque la nota del commentatore di turno, tutta volta a giustificare ciò che è sempre più difficile comprendere ed accettare.
Anche in questo caso non è affatto sorprendente l’accostamento retorico tra le trincee del Carso e i teatri di guerra contemporanei. Il “valore” dei sardi sta tutto lì: nel morire per l’Italia. Il valore non inteso in senso eroistico, ma proprio come misura di quanto valiamo, ciò che da il senso più profondo al nostro esistere.
Lasciamo da parte i sentimenti che la morte di quei ragazzi in Afghanistan sucita in ciascuno di noi. Dolore, rabbia, estremo fastidio per gli sproloqui retorici, ecc. ecc. Tutto ciò si sovrappone e si mescola, in questi giorni.
Tuttavia, la realtà è che si tratta di un’ennesima mistificazione, abilmente somministrata come la più efficace delle misure di distrazione di massa. Senza rispetto alcuno per i morti (di ogni provenienza e condizione: ricordiamo i tantissimi morti civili causati in Afghanistan dalle varie parti combattenti), né per la nostra intelligenza. Mancanza di rispetto che, se possibile, in Sardegna assume un sapore ancora più amaro e beffardo.
Che senso ha?