Demagogia vs. cruda verità

Vesti stracciate e grandi manifestazioni di scandalo per il voto del consiglio regionale che affossa la proposta di legge sulla riduzione del numero dei consiglieri. Mai si erano sentite dichiarazioni bipartisan così concordi. E tanto concordemente demagogiche. Su Sardegna24 online si arriva addirittura a dire:

Più la Regione è povera, più il consigliere è ricco. In Sardegna il Pil pro capite è tra i più bassi d’Italia: 20mila euro. Eppure i consiglieri regionali sono i più pagati della Penisola dopo la Lombardia. Che però ha un Pil quasi doppio. L’affossamento a voto segreto della legge che avrebbe avviato l’iter per la riduzione dei consiglieri regionali ha dato ragione, una volta di più, al partito degli scettici. Quello che già due mesi aveva bollato come “semplici e inutili chiacchiere” le discussioni e le proposte degli onorevoli in merito al taglio delle poltrone. Ai primi di agosto tutti sembravano d’accordo. Due giorni fa, quando il progetto poteva andare in porto sul serio, la marcia indietro. […]

Lasciamo stare il significativo lapsus che sistema per magia la Sardegna nella Penisola (quando si dice “volere è potere”, mah…). Leggiamo attentamente il breve pezzo. Si parte dalla sproporzione degli emolumenti dei consiglieri regionali sardi rispetto al PIL pro capite dell’Isola e si finisce con una condanna della mancata riduzione del loro numero. Un bel paralogismo, insomma. Un ragionamento illogico e del tutto fuori focus. Perché se il problema sono gli scandalosi stipendi dei nostri consiglieri regionali, su quelli si doveva (e si dovrebbe) intervenire, non sul loro numero. Esso, invero, non sembra affatto sproporzionato, per un consesso che dovrebbe essere rappresentativo – come dicono tutti, anche a livello istituzionale – del popolo sardo. Un consesso in cui dovrebbe essere garantita la massima rappresentanza sia dei territori sia delle forze politiche e sociali della Sardegna. Tagliare il numero dei consiglieri, con la legge elettorale vigente e le dinamiche socio-politiche esistenti, significherebbe soltanto cementare i privilegi di quella stessa casta che a parole si intende sbaragliare, rendendola viceversa ancor più coesa e impermeabile al mutamento.

Cosa spinga a tanta demagogica illogicità sarebbe un mistero, se non ci soccorresse il sospetto storicamente fondato sulla perdurante natura elitaria e anti-popolare della classe dominate sarda, in tutte le sue componenti.

Un altro bell’esempio di falsificazione ideologica in salsa normalizzante ci viene da una vicenda apparentemente molto diversa. Negli stessi giornali in cui si stigmatizza la scelta di non ridurre il numero di consiglieri regionali si leggono titoloni entusiasti circa l’apertura a Ottana di un mega impianto fotovoltaico. Pare che i sardi – specie quelli delle Zone Interne – dovrebbero darsi ai festeggiamenti più sfrenati, per celebrare questa operazione. Poi viene fuori che proprio il sindaco di Ottana la veda in termini quanto meno problematici, e di colpo tutta la falsa rappresentazione si scioglie in un secondo al calore irresistibile della semplice onestà politica.

La mega-centrale fotovoltaica non è altro che una replica appena aggiornata del solito meccanismo top-down, già di matrice sabauda, per il quale si calano dall’alto cervellotiche soluzioni economiche, propagandandole come salvifiche per i sardi, che poi finiscono per rivelarsi molto remunerative solo per chi se le fa finanziare, solitamente con soldi pubblici, con vantaggi nulli per il territorio e chi ci vive.

Senza considerare che:

a) il modello di produzione energetica da fonti rinnovabili esclude strutturalmente dal proprio orizzonte le megacentrali (tipiche invece del modello basato su fonti fossili) e privilegia la produzione e la fruizione reticolare, diffusa: una grande centrale fotovoltaica è dunque un ossimoro, una contraddizione in termini, che ne nasconde altre di natura economica e anche culturale;

b) il Gruppo Clivati non sembra esattamente un esempio di correttezza imprenditoriale e di sensibilità disinteressata verso i beni collettivi. Non si dovrebbe avere quanto meno maggiore cautela nel descriverne le benemerenze?

In definitiva, dal raffronto delle due vicende si possono trarre interessanti considerazioni, oltre che sul merito delle vicende stesse, anche sul funzionamento dei mass media sardi. In nessuno dei due ambiti sono considerazioni troppo confortanti.