Destino cinico e baro

Succede un incidente stradale e la colpa è del maltempo, dell’asfalto “reso scivoloso dalla pioggia”, non certo dell’autista al cellulare o troppo disinvolto con l’acceleratore.

Questo tipo di analisi si estende spesso anche macroscopicamente. Notizia di questi giorni, magari sfuggita a molti, è il contenuto dell’ultimo rapporto della Banca d’Italia sulla situazione economica. A noi interessa la situazione sarda, in particolare.

Ebbene, la conclusione è abbastanza in linea con la percezione spontanea della popolazione. Un po’ meno con quella della classe politica e anche dei mass media. Un disastro.

Ma naturalmente, anche qui, si tratta di eventi naturali, disgrazie planetarie, processi che si generano al di sopra di noi e che su di noi riversano solo gli effetti ultimi.

Possiamo noi farci qualcosa? Figuriamoci! Soluzioni in proposito? Non pervenute.  A parte la solita scempiaggine del nuovo Piano di Rinascita riproposto per la centesima volta dai sindacati confederali. Per il resto, una miriade di categorie e sottocategorie, gruppi sociali, clan impegnati in guerre per bande, di stampo corporativo. Nessuna idea generale dalla politica (il PD ha scoperto l’altro giorno che c’è qualche problema sul rispetto da parte dello stato della compartecipazione alle entrate tributarie: ben svegliati!), nessuna prospettiva per il breve e medio periodo, tanto meno per il lungo. Nessuna visione d’insieme, in nome degli interessi collettivi.

Nel frattempo, si aspetta di sapere chi si comprerà la Tirrenia, per avere un nome da maledire quando saranno soppresse le rotte sarde meno remuneative sul mercato (ma vitali per il nostro diritto allo spostamento).

Il quadro è desolante, ma prendersela con questo o con quello, o peggio aspettare di essere ricevuti a Roma per chiedere l’elemosina di turno, non serve a nulla. Meglio che ce lo mettiamo in testa.