Complessi

La Sardegna non è in ItaliaNotizia scandalosa, tra quelle a margine della grande cronaca. Un vettore aereo low-cost distribuisce un opuscolo turistico sull’Italia nel quale la Sardegna non c’è, o meglio, è lasciata “in bianco” come se non facesse parte dell’Italia.

Interessante l’apertura dell’articolo che ne da conto. Parafrasando: il sogno degli indipendentisti realizzato da una compagnia aerea. E va bene, la battuta ci stava. Tanto più che ormai si parla di indipendenza della Sardegna come di calcio, sempre e ovunque.

Quel che fa specie e che mi preme sottolineare, invece, è la reazione emotiva di tale Giovanni Dore, della sezione cagliaritana dell’IdV (il partito di Antonio Di Pietro). Sembra che il poveretto, alla vista di tale affronto geografico, ci sia rimasto davvero male, tanto da reclamare una formale protesta presso la compagnia.

Ma cosa cè dietro tanto scalpore? Ecco cosa dichiara Dore: «Dare l’idea che la Sardegna sia fuori dall’Italia, priva dell’appeal del made in Italy e, conseguentemente, di scarso interesse turistico è un danno grave per gli operatori del settore e per l’immagine dell’Isola».

Capito? Il valore della Sardegna, il suo appeal turistico, derivano dall’essere italiana, dal condividere il fascino del made in Italy. Non abbiamo nulla, proprio nulla da offrire al visitatore straniero che non discenda dall’Italia. Storia, costumi, arte, cultura, enogastronomia, ambiente. Qualsiasi cosa possa attirare il turista da noi manca. È solo grazie all’Italia che possiamo essere presi in considerazione per una visita, un soggiorno. Altrimenti, a chi e per quale ragione verrebbe in mente di sobbarcarsi il viaggio sino alla nostra terra lontana e dimenticata?

In questi casi temo che più che politica la questione sia da psicanalisi. Tra rivendicazioni col cappello in mano al cospetto del governo “amico”, piagnistei da bambini trascurati e appelli alla salvezza dell’Italia, la classe politica sarda non riesce nemmeno a sollevare lo sguardo oltre il proprio ombelico, al di sopra della propria mediocrità personale. È un dramma collettivo, storico e culturale da cui non sarà facile uscire.  Dramma che poi si traduce in complessi individuali, in situazioni patologiche che sconfinano nel grottesco.

Poi ci chiediamo come mai le cose non vadano bene da noi? Ecco la risposta. Chi ci rappresenta e deve fare le scelte che ci riguardano, che riguardano la nostra vita, sia negli aspetti materiali che in quelli immateriali, non ha alcun interesse per noi. L’unico orizzonte di senso è l’Italia. Matrigna quanto si vuole, ma pur sempre fonte di ogni valore.

Al povero sig. Dore, così profondamente turbato, consiglierei un buon terapeuta. E noi intanto andiamo avanti.