Una vicenda apparentemente marginale, ma mica poi tanto, che ha connotazioni più ampie del semplice caso di cronaca.
In risposta alle esigenze degli studenti fuori-sede dell’Università di Cagliari, (che in tutto ammontano a circa 12’000, un buon terzo del totale) la Regione Sardegna negli scorsi anni aveva avviato le procedure per la creazione di un campus universitario non lontano dalla zona della Stazione. Era necessario venire incontro ai 1200 casi di studenti aventi diritto ad un alloggio a spese dell’ateneo, rimasti insoddisfatti ed esposti ai capricci del mercato degli affitti cittadini. A tale scopo, si intendeva recuperare un’area industriale dismessa, già acquisita al patrimonio pubblico e destinata appunto ad usi civili. Il progetto era stato affidato al noto architetto Pauolo Mendes de Rocha, il quale aveva completato il proprio lavoro nei tempi dovuti, presentando un piano che soddisfaceva tutte le richieste. Quando mancava solo un visto da parte del comune cagliaritano, ecco che tutta la procedura si è arenata. Il comune aveva altre idee in proposito e l’occasione di fare uno sgarbo all’odiatissimo presidente Soru (era l’epoca di Soru, sembra passato un secolo!) era troppo ghiotta. In realtà, si ventilano anche ragioni ben più concrete e monetizzabili, dietro a questo ostruzionismo municipale. Ma si tratta di illazioni che naturalmente non possiamo prendere per buone a cuor leggero, riguardando fior di gentiluomini che mai hanno dato segno di mettere il proprio interesse (o quello di amici e confratelli) davanti ad interessi collettivi e al prestigio e al decoro della città.
Ma per avere un quadro aggiornato della faccenda rimando a questo articolo.
Quel che invece mi preme sottolineare, è la valenza generale della vicenda. Fuori di ironia, è evidente qui uno dei limiti maggiori della classe dominante (mai riuscita a diventare dirigente) che amministra la Sardegna da secoli. La mentalità è ancora feudale, i modi e la rapacità tuttavia non rimandano certo ad alcuna forma di nobiltà.
Il caso del sindaco di Cagliari, Emilio Floris, è al contempo clamoroso, patetico e allarmante. Stiamo parlando di un signore che si fa serenamente beffe di diritti riconosciuti, della vita di un patrimonio collettivo quali sono gli studenti universitari e il loro futuro, della crescita urbanistica equilibrata di una grande città come Cagliari. Grande città ridotta al rango di un qualsiasi comune costiero di provincia, destinato a soccombere alla speculazione edilizia più becera (si vedano, a rinforzo di quanto vado dicendo, le tristi vicende parallele, se possibile ancor più mortificanti e aberranti, dell’area archeologica di Tuvixeddu). Ma questo, non a causa di una imposizione dispotica e dittatoriale, bensì col consenso o il tra il disinteresse di una larga fetta di popolazione, che in maggioranza ha infatti democraticamente eletto a proprio sommo amministratore cotanto personaggio.
Questo la dice lunga sulla qualità media dell’elettorato cagliaritano (supremo esempio di decerebrazione da eccesso di esposizione televisiva) e sul peso numerico che tale mentalità ha in tutta la Sardegna. Ed è un esempio di quale immane lavoro attenda chi si propone di mutare i sardi, o almeno la maggior parte di loro, da popolo di sudditi imbelli a soggetto storico a tutti gli effetti.