
Nel giro di poche settimane sono usciti in Sardegna due libri, due romanzi, diversi per genesi, taglio narrativo, stile e in parte anche pubblico di riferimento, il cui nucleo tematico è, in tutto o in parte, il problema della speculazione energetica. Uno è il mio L’estate dei segreti, l’altro è Il candidato, di Maurizio Onnis (entrambi per Catartica).
Questa evenienza mi ha dato da pensare al di là del fatto contingente. Contingente, ma non casuale. Benché con Maurizio ci conosciamo da anni (senza essere parenti), non abbiamo mai parlato di queste due nostre opere prima che fossero pubblicate o in via di pubblicazione. Non sapevamo uno dell’altro.
Il mio libro, come spiego nella nota al testo che potete leggere in chiusura del volume, origina da un racconto improvvisato fatto a mio figlio e mia figlia durante un viaggio di parecchi anni fa e solo dopo adeguate riflessioni e un congruo lavoro editoriale ha preso la forma che potete vedere oggi.
Il libro di Maurizio è la risposta a un’urgenza quasi improvvisa, benché maturata nel tempo, alimentata dall’impegno politico dell’autore e dalla sua conoscenza della materia, dal punto di vista di un amministratore pubblico. È lo sfogo letterario di un senso di frustrazione per la chiara consapevolezza del momento e dell’altrettanto chiara constatazione dell’inerzia con cui, soprattutto la politica che decide le cose in Sardegna, lo sta affrontando.
Che la letteratura, nell’isola, si occupi di questioni politiche o sociali non è una novità, ma non è nemmeno una consuetudine radicata. Tolta la poesia, molto più connessa col territorio e la popolazione, specie finché ha resistito la sardofonia come primo veicolo di relazione e di scambio culturale, la narrativa sarda ha a volte contemplato tematiche politiche e sociali, ma in modo incidentale, non di rado mettendosi in posizione giudicante e ostile.
Pensiamo al Giorno del Giudizio di Salvatore Satta o anche a lavori molto più recenti, subalterni verso una visione stereotipata e colpevolizzante della nostra contemporaneità.
Altre volte la letteratura ha posto in modo più lucido e empatico alcune delle questioni aperte della nostra storia recente, ma non sempre è andata fino in fondo nell’analisi e nella presa di posizione. Faccio l’esempio di Giuseppe Dessì e del suo Paese d’ombre. O dei lavori di Salvatore Cambosu e Cicitu Masala. Ma potrei anche chiamare in causa Sergio Atzeni, con Passavamo sulla terra leggeri e, con maggiore efficacia, Bellas mariposas.
Un esempio recente di narrativa che mette al centro le lotte popolari, non dal punto di vista di chi le contrasta e nemmeno in un’ottica esterna e valutativa, è il ciclo di romanzi di Francesco Abate con protagonista Clara Simon (di cui ho parlato qui, qui e anche altrove).
C’è poi il filone narrativo del romanzo storico sardo, che, non sempre ma in alcuni casi sì, prova a rileggere periodi del passato in una cornice non auto-colonizzata né subalterna (come nel caso dei romanzi di Nicolò Migheli).
In generale, tuttavia, la narrativa sarda contemporanea, in larga prevalenza scritta in italiano, non ha costituito una controparte autonoma e magari critica rispetto all’apparato di potere (anche se non soprattutto culturale) che domina la scena sarda da un paio di secoli.
La questione linguistica ha un suo peso rilevante (come ho provato a evidenziare qui), ma forse, in questo momento, non è la più decisiva, o almeno non è la sola a risultare determinante.
Beninteso, ho già avuto modo di analizzare e provare a ricostruire il rapporto tra espressioni culturali, specie letterarie, e movimenti politici di stampo popolare nella Sardegna contemporanea (per esempio, nel mio saggio uscito col secondo volume collettaneo di Filosofia de Logu). In quel caso ho cercato di mettere in rilievo il legame tra mobilitazioni sociali e poesia e musica di tradizione orale, evidenziando il fenomeno di minorizzazione e di elusione a cui sono andate incontro sopratutto a livello storiografico.
La domanda che mi pongo oggi, suscitata dall’uscita quasi concomitante di due romanzi molto diversi dedicati alla speculazione energetica, riguarda appunto il ruolo che la narrativa ha avuto e ha nella sollecitazione delle coscienze, nell’alimentazione di un dibattito che non sia sempre e solo succube di meccanismi di manipolazione e controllo gestiti dal potere politico e/o economico.
Non posso fornire qui una risposta compiuta, tanto meno definitiva. Occorre studiare il problema e darne conto in modo onesto.
Gli studi sulla letteratura sarda contemporanea non mancano, ma mi sembrano perlopiù afflitti da una postura passiva rispetto a una collocazione periferica, “regionale” e vagamente esotica della produzione sarda di questi decenni. Quando non ne ignorino serenamente la quantità, la diversità interna, la diffusione e le motivazioni sociali e culturali che la originano.
Ho già provato a ragionare sulla natura e la collocazione della letteratura sarda attuale e non ci torno su. Mi piacerebbe però che il tema non fosse snobbato né ridotto a questione settoriale, poco significativa.
Una letteratura socialmente partecipe, non per forza militante o a tema, ma attenta e empatica, libera dall’ossessione di integrarsi nell’organizzazione e nelle dinamiche (non sempre virtuose) dell’ambiente culturale italiano, potrebbe avere un peso notevole nella stessa autopercezione – dunque nella forza collettiva e nelle scelte – della cittadinanza sarda.
È un ruolo che però autori e autrici sarde faticano ad assumersi, in questo del tutto omologh3 a altri ambiti culturali e intellettuali isolani. È come se per tutti costoro emanciparsi significhi sempre prendere le distanze dalla propria realtà, dimostrare costantemente di essere – o almeno *voler* essere – altro.
Non sarà una manciata di romanzi a cambiare quest’ordine di cose, ma forse il moltiplicarsi di opere meno subalterne, più vicine e curiose, se non proprio partecipi e comprensive, con la nostra realtà popolare, con la Sardegna profonda, concreta, con le sue manifestazioni politiche, servirà almeno a sollecitare nel ceto medio istruito, nel mondo delle professioni, nella militanza politica e magari persino nel progressismo borghese, forme di riflessione meno pavide e meno succubi dei meccanismi di controllo coloniale oggi ancora dominanti.
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Presenterò L’estate dei segreti a Cagliari questa sera, 27 maggio, ore 18.30, libreria Camboni, via Redipuglia 20. Il libro di Maurizio è stato presentato mercoledì 21 maggio e se ne parlerà sicuramente ancora in altre circostanze e sedi.