Piccolo sfogo a proposito di elezioni in Sardegna

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Le elezioni hanno molti effetti, al di là dei risultati del voto. Non tutti piacevoli.

Per esempio la delusione suscitata da scelte incomprensibili o ai nostri occhi sbagliate da parte di persone che stimiamo o con cui abbiamo buoni rapporti.

O la sensazione di impotenza che dà la precisa intuizione di errori altrui che non abbiamo la forza né la voglia (bisogna ammetterlo) di (provare a) correggere.

O la constatazione che sia così difficile trovare qualcosa in cui riconoscerci davvero.

O ancora l’amara conferma che la politica per troppe persone è solo un lasciapassare per obiettivi puramente egoistici, senza alcuno slancio ideale, senza alcuna prospettiva di indole realmente… politica.

La passione politica e la coscienza civica sono un peso che molti che fanno politica con successo non portano con sé. Probabilmente il loro successo ha qui una delle sue ragioni più robuste.

Naturalmente tutto ciò contribuisce al nostro malumore.

Ma forse dovremmo anche imparare a dosare meglio la nostra emotività, ad accettare la grande varietà e variabilità dell’agire umano, così come l’inevitabile imperfezione nostra e altrui.

Dovremmo ripartire dalle basi. Per esempio da cosa sia davvero la democrazia.

La democrazia combacia poco col gioco (truccato) delle elezioni e con la conquista di potere che ad esse consegue (solo per alcuni, raramente per i migliori).

La democrazia è confronto e persino conflitto tra interessi diversi, che si esprimono, si scontrano e si ricompongono dentro un quadro di valori di fondo condiviso e di legittimazione reciproca.

È garanzia per tutte le minoranze. È divisione e controllo reciproco di tutte le forme di potere. È eguaglianza sostanziale (ossia equità e libero accesso a diritti e beni comuni per tutti). È libertà nell’eguaglianza.

(Per questo – ribadisco per inciso – non vi hanno cittadinanza i fascisti e i fascismi, in qualsiasi loro forma.)

Tutte cose con cui, in Sardegna, come ho avuto modo di argomentare diverse volte (per esempio qui) non abbiamo particolare dimestichezza.

La nostra è stata una modernizzazione passiva, di indole sostanzialmente coloniale (per tanti, troppi versi decisivi). Questo è uno degli effetti.

Qui c’è un nodo che dobbiamo sciogliere. Uno di quelli particolarmente aggrovigliati.

Un nodo che ha a che fare con le relazioni sociali, con il benessere delle nostre comunità, con gli esiti non solo e non tanto elettorali, ma prima di tutto socio-economici, culturali, persino sanitari.

È sempre un dolore vedere quanta poca fiducia riversiamo gli uni sugli altri.

E al contempo è una sofferenza constatare quanta gente purtroppo meriti ancora questa poca fiducia e tuttavia proprio sulla sfiducia, sul disincanto, sulla debolezza culturale e civile, sulla paura essa prosperi e intenda continuare a prosperare. A spese di tutti gli altri.

Per costoro nessuna maledizione sarà mai mal spesa, per quel che vale.

Ma alla fine il problema resta lì. La dose di veleno che ci hanno inoculato, e che spesso noi stessi contribuiamo a diffondere, è alta.

Ma non possiamo più permettercelo.

C’è troppo malanimo, in giro, troppo disconoscimento reciproco, troppa disillusione, troppo scoraggiamento, troppo egoismo.

E questo pur essendo giusto un pugno di esseri umani, su un lembo minimo di terra emersa, in un piccolo pianeta alla periferia della nostra Galassia.

Vediamo di ricordarcene, qualche volta. Anche sotto elezioni.

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