In Tunisia viene ucciso il leader dell’opposizione democratica al governo islamico di Ennahda. Un pessimo segnale in un paese che dista dalla Sardegna meno di qualsiasi altra porzione delle terre emerse e da Cagliari poco più di Porto Torres. Questa cosa ci riguarda?
C’è da chiederselo, mentre assistiamo a una campagna elettorale per le elezioni politiche italiane a dir poco mediocre, delegittimata da una legge elettorale antidemocratica e da un livello politico complessivo bassissimo. Hanno un bel strillare contro Grillo i militanti e i sostenitori dei partiti italiani o sardi concorrenti. Quello è il campo di gioco, quelli sono i partecipanti. Se non ti piace o se non ritieni che sia il tuo campo di gioco, non devi giocare. Questo vale soprattutto per le formazioni politiche che fanno esplicito riferimento alla Sardegna, come ambito della propria azione. È drammaticamente vero che molte cose essenziali che ci riguardano sono decise a Roma, ma non è vero che facendosi eleggere a Roma si possano curare gli interessi strategici della Sardegna.
Del resto, alla stragrande maggioranza dei candidati sardi alle elezioni italiane importa molto più sistemarsi convenientemente che procurare vantaggi decisivi per la propria terra. Chi invece si candida in buona fede, perché convinto che sia la scelta giusta, semplicemente si inganna. Questo non è un pregiudizio, ma una banale (e amara) constatazione storica e politica.
Per queste ragioni risulta tanto fastidioso seguire la cronaca politica sarda. È come essere costretti in una cella, con una sola apertura, tra l’altro alquanto scomoda, rivolta verso una parte infinitesima di mondo, che per noi diventa tutto il mondo. Così ci arrovelliamo e ci sentiamo coinvolti a proposito del dibattito politico italiano, a proposito dei personaggi che lo occupano, secondo la narrazione cucita loro addosso dal sistema dei mass media italiani, come se davvero tutto ciò ci riguardasse. Invece non ci curiamo affatto di quel che accade a pochi chilometri da noi, in Tunisia, così come ignoriamo quel che sta succedendo in Catalogna o in Corsica. Il nostro sguardo è oscurato, limitato da paraocchi comunicativi e culturali a cui abbiamo fatto l’abitudine e che ormai non percepiamo più come tali.
È uno degli esiti più drammatici dell’essere stati indotti a guardarci come a un pezzo di una realtà distante e diversa. Il mondo per noi si riduce a quel che passa la televisione italiana. L’analfabetismo funzionale di cui soffre la maggioranza dei sardi (in questo non migliore della maggioranza degli italiani) agevola in modo significativo l’azione di agenzie di formazione delle opinioni pervasive e aggressive. La nostra età media anagrafica piuttosto alta implica una limitata fruizione di mezzi di comunicazione diversi (in primis internet), con l’aggravante di infrastrutture e servizi del tutto al di sotto delle necessità contemporanee.
Sperare di modificare le cose senza comprendere questi meccanismi e provare a scardinarli è del tutto illusorio. Non mi sembra che questo discorso sia però presente nell’agenda di chi in Sardegna si candida oggi a conquistarsi un posto nel parlamento italiano. Sarà interessante vedere cosa succederà quando si tratterà di decidere da chi farci rappresentare e governare sull’Isola.