La fatale ostinazione dell’autoinganno

Per rendere chiara la nostra sindrome autolesionista e dimostrare quanto sia patologica la nostra condizione storica, niente di più utile che presentare insieme tre faccende di questi giorni, apparentemente non collegate una con l’altra.

Il consiglio regionale sardo si appresta ad approvare una legge finanziaria in cui sarà inserita la nuova disciplina della continuità territoriale aerea. La soluzione adottata prevede l’esborso da parte della Sardegna di circa 50 milioni di euro per 3 anni destinati a compensare le compagnie che si assumeranno l’onere di garantire le tariffe agevolate. Non su tutte le tratte da e per la Sardegna, ma solo su due (Roma e Milano) e non per i sardi (residenti o nativi) ma per tutti coloro che viaggeranno su dette tratte.

Se a prima vista c’è qualcosa che non torna, in questa scelta, be’, è perché effettivamente si tratta di una vera scempiaggine. Intanto è ridicolo che la Sardegna si assuma un onere del genere senza minimamente badare a risolvere l’annosa vertenza entrate. La questione che dovrebbe essere in cima ai pensieri di qualsiasi governante della Sardegna minimamente responsabile è ancora una volta disattesa.

Ma mettiamo anche che di soldi da investire ne avessimo tanti (sto parlando di soldi nostri, chiaramente, non certo di regalie dello stato italiano): ebbene, a qualsiasi persona banalmente ragionevole verrebbe prima di tutto in mente di verificare se la stessa cifra non potrebbe essere impiegata diversamente. O per dotarci noi di una flotta aerea che viaggiasse sulle tratte a noi più utili (dunque, non necessariamente verso l’Italia, o solo verso l’Italia), oppure per mettere mano alle infrastrutture e ai trasporti interni, ridotti in condizioni penose.

Stranamente, nè il buon Mauro Pili, promotore oggi dubbioso di questa nuova soluzione per i trasporti aerei sardi (oltre che attivissimo lobbista per il Galsi), né la giunta Cappellacci, ma nemmeno l’opposizione in consiglio regionale, hanno considerato la questione sotto quest’ottica. Forse perché vivono – o vorrebbero vivere – su un altro pianeta, un pianeta dove non ci fossero i sardi a costituire il problema principale con cui fare i conti.

Nel frattempo si apprende che l’Alitalia (o quel che ne resta) stipula un accordo col CTS (Centro Turistico Studentesco) che garantisce agli studenti prezzi molto scontati su molte tratte aeree. Agli studenti italiani, ma non a quelli sardi. Sarà un modo sottile ed ellittico per insinuarci qualche dubbio sulla nostra italianità?

Forse per riparare alla possibile resipiscenza dei sardi (dai e dai, magari la capiamo), ecco che il parlamento di Roma arriva in soccorso al declinante amor patrio con una proposta di legge, ormai in via di approvazione, in base alla quale diventerà obbligatorio nelle scuole studiare e cantare l’inno nazionale italiano. Non c’è che dire, questo governo sarà pure tecnico ma sta facendo di tutto per meritarsi sul campo la qualifica di autoritario. Una cosa così, giusto ai tempi del MinCulPop poteva essere concepita. I partiti italiani maggiori (PD e PDL), sempre in amorevole sintonia sulle schifezze più immonde, condividono questa bella pensata. Sarà curioso e divertente vedere come voteranno in parlamento i rappresentanti sardignoli e come se la caveranno le propaggini sarde dei partiti promotori di questa operazione di indottrinamento sciovinista.

C’è dunque qualcosa che lega queste tre evenienze, così assortite? Io dico di sì. Ma non voglio rendere il gioco troppo facile e lascio a chi legge il gusto di trovare i nessi. Attenzione, è un gioco di intelligenza che chiama in causa i processi di identificazione e la consapevolezza politica: potrebbero esserci effetti imprevisti e indesiderati.