Qualche anno fa, in era pre-informatica, circolava un simpatico aggeggio. Una sorta di cilindro fatto a segmenti rotanti, i quali riportavano lunghe frasi che potevano essere giustapposte in qualsiasi ordine si volesse, generando così interi discorsi, apparentemente sensati ma in realtà totalmente a-semantici.
Un giocattolo fatto apposta per ridere della vacuità dei discorsi in politichese (specie di matrice democristiana).
Mi torna in mente oggi, leggendo del discorso che la presidentessa del consiglio regionale sardo ha tenuto a un convegno organizzato dai sindacati. Il convegno era dedicato nientepopodimenoche a “Autonomia, federalismo, sovranità: un nuovo patto costituzionale per la Sardegna”.
Ed ecco la stringata cronaca dell’evento, che traggo pari pari dall’edizione online dell’Unione Sarda:
“I tempi per avviare la riforma delo Statuto regionale sardo sono maturi, non possiamo dilungarci oltre perché l’iter delle modifiche non sarà breve”. Lo ha detto la presidente del Consiglio regionale, Claudia Lombardo, nel suo intervento al seminario su “Autonomia, federalismo, sovranità: un nuovo patto costituzinale per la Sardegna” organizzato ad Abbasanta dalle segreterie regionali di Cgil, Cisl e Uil
Secondo la presidente dell’assemblea sarda, per vincere la sfida per il diritto dei sardi all’autogoverno è indispensabile superare le divisioni e procedere uniti, perché, sottolinea, “solo uniti potremo spezzare le catene di una condizione di sudditanza psicologica politica e culturale che ci ha reso proni a scenari mutuati da realtà che non ci appartengono”. “E’ il momento di rivendicare per la nostra isola una accresciuta personalità giuridica – ha aggiunto Lombardo – fondata sulla profonda consapevolezza che l’autonoma determinazione sia l’unico strumento che può creare all’interno del nostro ordinamento statale le migliori condizioni per recuperare i ritardi infrastrutturali derivanti dalla particolare condizione geografica”.
Cosa diavolo voglia dire tutto ciò è perfettamente inutile chiederselo. Non vuol dire nulla, chiaramente. Il fatto che i sindacati italiani in Sardegna organizzino un convegno del genere, senza naturalmente coinvolgere i partiti indipendentisti (che pure qualcosa da dire in materia l’avrebbero), e che da tale convegno emergano questi poderosi contenuti, la dice lunga sullo stato deprimente dell’elaborazione politica nostrana.
I ritardi infrastrutturali sarebbero dovuti alla particolare condizione geografica? Ma quando mai! Un dato di fatto concreto e oggettivo come la posizione geografica regola le scelte di chi ha in mano il potere di governarci? Che sciocchezza assurda è questa? I ritardi infrastrutturali sono il frutto di precise scelte di governo. Di scelte di governo che spettano a chi deve garantire e promuovere un interesse nazionale che – questo sì, anche a causa del dato naturale della distanza geografica – non coincide col nostro. E allora? Modificando lo statuto regionale la Sardegna per magia si attacca all’Italia?
Siamo in queste mani, gente! Da una parte si fanno traffici poco limpidi, mettendo a disposizione di lestofanti notori la nostra terra, le nostre risorse e il nostro futuro. Dall’altra, anziché incalzare chi ha le mani in pasta, i sindacati si baloccano con temi che manco sono in grado di capire e lo fanno a braccetto con la stessa casta padronale e compradora cui dovrebbero contrapporsi, che dovrebbero incalzare e inchiodare alle sue responsabilità. Un bel quadretto di strette di mano, sorrisi complici e prese per i fondelli (a noi destinate).
Altro che sovranità!
Mirade chi sas aeras minettan temporale!