Sembra che il mondo umano, troppo umano, stia per conoscere una bella ripassata di “realtà effettuale”. Benché il sistema egemonico faccia già rullare il tamburo della “ripresa” e del “peggio è passato”, i dati strutturali e le analisi indipendenti segnalano che la caduta è ancora in corso e non promette di risolversi in un atterraggio morbido. Come si dice: quando tocchi il fondo, non è detto che si possa cominciare a risalire; si può sempre scavare.
Tutto l’apparato strutturale e sovrastrutturale umano, e in specie gli ordinamenti giuridici, vivranno una sorta di rinculo storico (come è già successo altre volte, nel corso dei secoli). Avevamo appena finito di celebrare la morte degli stati nazionali di stampo moderno, in virtù dei trionfi globalizzatorii, ed ecco che tutto a un tratto il caro vecchio stato, con i suoi confini, il suo sistema infrastrutturale e il suo regime economico interno, sembra una delle poche ancore di salvezza a disposizione dell’umanità. Certo, questo vale per chi un ordinamento giuridico statale, magari non troppo scadente, lo ha già. Gli altri è meglio che si sbrighino a dotarsene, finché sono in tempo. In un mondo che potrebbe risvegliarsi tra non molti mesi, suddiviso in macro-aree politico-economiche al limite dell’autarchia, i protagonisti delle scelte e i destinatari delle soluzioni saranno i centri detentori della sovranità, ossia appunto gli stati. Poiché, a dispetto di qualche ideologo in servizio permanente attivo, la storia non ha una direzione privilegiata né ci sono all’opera mani più o meno invisibili o spiriti immanenti a guidare la sorti umane, nessuno può seriamente pronosticare come andrà a finire. Certo è che quella attuale non è una semplice crisi congiunturale, e nemmeno una crisi sistemica, cui far fronte attraverso gli strumenti e le strutture interne al medesimo sistema andato in sofferenza (il capitalismo). Plausibilmente, ci troviamo davanti a una vera crisi di civiltà, da cui usciremo – se e quando ne usciremo – solo adeguando i nostri paradigmi di riferimento alla situazione cui dobbiamo far fronte e inventandocene di nuovi.
Ma questi sono discorsi già affrontati e su cui sarà comunque necessario tornare. L’angoscia suscitata dalla situazione presente dipende meno dalla portata dei problemi che dalla consapevolezza che coloro che devono guidare la transizione sono in gran parte i responsabili dei pasticci che ci stanno affliggendo e, in ogni caso, ben lontani dall’essere all’altezza della sfida. Come consigliava quello: ” Estote parati!”
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