Ospito con piacere un pezzo dell’amico Ivo Murgia, a proposito di nazionalismo, indipendentismo e relativi luoghi comuni ed equivoci storici in salsa sarda.
Spesse volte quando si parla di indipendentismo sardo, si leva il ben informato di turno ad ammonirci sui pericoli del nazionalismo, agitando fantasmi di guerre etniche, spargimenti di sangue e tutta una serie di accadimenti cruenti o comunque di chiusure anacronistiche e insensate. Appare subito interessante notare che tutte queste obiezioni si facciano solamente per la Sardegna mentre non siano valide per gli altri, segnatamente per l’Italia, tanto per dire. Non che gli stessi infatti abbiamo mai avuto da ridire sull’altare della patria italiano, o sulle parate militari, o sulla festa della Repubblica. O li abbia mai sentite dire basta con questo nazionalismo italiano! Che senso ha che esista uno stato italiano in Europa, ce ne sono già tanti e via dicendo, tutte obiezioni che si tirano fuori unicamente per un eventuale stato sardo. Si dimentica per di più che lo stato italiano esiste solo da 150 anni, in seguito a delle guerre, e non certo perché il sud si volesse unire al nord in un patriottico slancio d’amore, ma per meri interessi economici del regno piemontese che aveva adocchiato i beni delle due Sicilie.
Vale la pena anche spendere altre due parole sul nazionalismo italiano. Alzi la mano chi ha mai sentito parlare a scuola delle nefandezze del nazionalismo/colonialismo italiano. È in pieno atto una rimozione storica sistematica delle tragedie del nazionalismo italiano a tutti i livelli, salvo rarissime eccezioni, alimentata dal mito inventato degli italiani ‘brava gente’, nel quale, poveri noi!, anche qualche sardo si identifica. Dato che lo stato italiano esiste da soli 150 anni e la Sardegna ha migliaia di anni di storia, questa permanenza dentro lo stato italiano conta come un quarto d’ora nella vita di un uomo, allora di quale identificazione stiamo parlando? Ma torniamo agli scheletri del nazionalismo. Quello italiano si è macchiato dei peggiori orrori dell’umanità, con tutto il repertorio comune ai nazisti: dalle leggi razziali per la difesa della razza ariana, ai campi di concentramento con migliaia di morti, in Italia, in Africa e nei Balcani, alle deportazioni, alle stragi contro civili inermi, all’uso di gas, alle rappresaglie più terribili contro i patrioti che si opponevano alle ambizioni imperiali italiane. Gioverà in questo caso dare uno sguardo alla Treccani alla voce “colonialismo”, per scoprire alcune cose e dalla quale cito testualmente:
L’avventura coloniale italiana rappresenta una delle pagine più significative del nostro passato anche se poco trattata nelle aule scolastiche. Il processo storico del colonialismo europeo – durato quasi cinque secoli – ha visto la partecipazione dell’Italia solo nella sua fase finale, quella più bellicosa. Senza ottenere grandi vantaggi economici, l’espansione coloniale italiana si è nutrita soprattutto dell’ideologia fascista e anche lo stereotipo degli Italiani ‘brava gente’ si è incrinato di fronte ai numerosi episodi di violenza e di repressione nei confronti degli oppositori locali e dei patrioti resistenti.
Come rimarca giustamente la Treccani su queste tragedie italiane è calato uno strategico velo di silenzio, che mira a nascondere un passato imbarazzante e nefasto. Mai lo stato italiano ha chiesto scusa per la sua colonizzazione, o ha deposto una corona di fiori nei suoi campi di concentramento per ricordarne le vittime, si è limitato a prenderne le distanze in quanto espressione di un regime fascista. Anzi i vari ‘macellai d’Etiopia’ sono spesso onorati con monumenti e con l’intitolazione di vie per i loro meriti, d’altronde con un soprannome così è facile intuire quali possano essere stati i servigi resi alla nazione.
A proposito di fonti è anche interessante notare come quelle italiane diano come conquista coloniale italiana l’Etiopia, mentre le fonti in inglese, e la stessa Etiopia, presentino lo stato africano come l’unico del continente a non essere mai stato colonizzato. In effetti gli italiani non presero mai completamente l’Etiopia, vi restarono solo 5 anni e la sua parziale occupazione costò moltissimo al regime che rischiò la bancarotta a causa dell’inseguimento di chimere imperialistiche.
Insomma questi sono gli scheletri molto concreti del nazionalismo italiano mentre quelli che si agitano per le istanze di autodeterminazione e indipendenza sarda sono fantasmi immaginari che mai sono appartenuti ai sardi e non si capisce perché dovrebbero appartenere loro in caso di un’eventuale indipendenza. Contro chi i sardi dovrebbero prendere il mare e scatenare guerre in caso di indipendenza e perché? Possiamo semmai ribattere, a proposito di guerra, che l’Italia col suo nazionalismo, occupa 35.000 ettari di territorio sardo, più spazio aereo e marittimo, con le sue basi militari, più del 60% del totale di quelle italiane, e che da 60 anni ogni anno bombarda la nostra terra (isolotti e nuraghi compresi) portandoci guerra, distruzione e morte, senza mai averci chiesto il permesso e senza aver mai fatto una bonifica, anzi dandoci in affitto a 50.000 euro all’ora a chiunque voglia venire a provare da noi le proprie armi. A noi i veleni e allo stato italiano il malloppo. Sempre perché gli italiani sono ‘brava gente’, per carità, chi vorrebbe negarlo.
Quanto alle possibili sanguinose guerre scatenati dagli indomiti sardi, bisogna precisare invece che i sardi sono stati ultimamente utilizzati solo nelle guerre italiane, dove circa 13.000 dei nostri ci hanno lasciato la pelle, per dei conflitti che non li riguardavano ma facendo da carne da macello per lo stato italiano e le sue guerre.
Ma se vi è capitato di smontare simili argomentazioni, magari in un contesto informale, non siete ancora autorizzati a cantare vittoria. Di solito dopo l’opzione nazionalismo guerrafondaio sardo, si presenta la seconda tipologia di scettici, che personalmente definirei più fatalisti. Sono quelli che per chiudere il discorso, concludono con un ineffabile ‘E ma comunque non ce la facciamo.’ E di fronte ad argomentazioni di tale profondità, in effetti c’è poco da ribattere, non resta che alzare le mani e arrendersi al cospetto di cotanta scienza. Rimane solo da capire se si tratti di una tara genetica, di un destino ineluttabile, di una condanna senza appello dataci dagli Dei dell’Olimpo o chissà cos’altro. Non si capisce perché al mondo ci siano stati e isole più piccoli di noi, e ‘ce la facciano’ benissimo e non ce la possiamo fare pure noi. E magari non godono neanche della posizione strategica delle quale godiamo noi e delle nostre bellezze naturali. Ma no dd’apu cumprèndiu, ma ita seus prus scimprus de is àterus?! Oddio, chi pensa queste cose probabilmente sì. Capita infatti che a volte il ‘pensiero’ possa completarsi con la variante, ‘non ce la facciamo senza l’Italia’. E infatti con l’Italia siamo tutti ricchi e felici! Navighiamo nell’oro, tutto funziona alla perfezione e nessuno ha di che lamentarsi. Guardatevi intorno, tutti i sardi grazie all’Italia, sprizzano felicità e benessere da tutti i pori. Perché cambiare dato che stiamo tutti così bene?!
A dire il vero è semplicemente imbarazzante che ci troviamo in queste condizioni pur vivendo in un’isola bella e ricca posta al centro del Mediterraneo e così scarsamente popolata. Forse dovremmo interrogarci su qualcosa, sull’effettiva ‘convenienza’ di appartenere allo stato italiano, ultimo in Europa per peso politico, campione di corruzione, ingiustizia, mafia, nepotismo, pressione fiscale e quant’altro. Perché mai noi sardi dovremmo riuscire a far peggio dello stato italiano? Sarebbe un’impresa titanica. Per non parlare della ben nota ‘Vertenza entrate’, a giudicare dai calcoli e dal credito che vantiamo con lo stato italiano, tasse sarde mai rientrate in Sardegna, è l’Italia che non ce la farebbe senza di noi. Ma fosse anche lo stato più efficiente del mondo, questo non inficerebbe la validità della questione, dato che istanze indipendentiste si registrano anche in stati ben più evoluti e civili dell’Italia.
E che dire di chi tira fuori la questione dei pubblici impieghi presso enti italiani o delle pensioni? Ma perché in un ipotetico stato sardo non ci sarebbero più impiegati?! Non potrebbero continuare a lavorare presso gli enti sardi? E chi riceve la pensione dallo stato italiano continuerà a riceverla. Intanto le pensioni vengono anche da soldi nostri, non è un regalo dello stato italiano perché è simpatico e generoso, ma sono soldi nostri preventivamente sottratici dallo stipendio o versati con le tasse. Mio padre ha lavorato in Svizzera per anni e continua a ricevere la pensione elvetica, senza il bisogno che la Sardegna appartenga allo stato svizzero, a meno che non si voglia parlare nuovamente di Canton Marittimo. Ho detto appartenga non casualmente, infatti allo stato attuale la Sardegna appartiene allo stato italiano, che infatti ne dispone a suo piacimento. La da in affitto, ci impianta le sue basi militari, la bombarda, ci manda i suoi mafiosi e decide il suo destino secondo i suoi puri interessi economici e strategici; anche i nuraghi, per dire, non appartengono ai sardi ma allo stato italiano. E i militari sardi? È giusto che ognuno mantenga il suo lavoro, ma se invece di bombardare (e che lavoro sarebbe?!) lavorassero per costruire? Per pulire e bonificare la Sardegna, per esempio, ci sarebbe lavoro per loro, per i loro figli e per i loro nipoti. Tra le più ridicole anche l’opzione ‘siamo un’isola’, come se la Gran Bretagna e il Giappone (un arcipelago) non lo fossero. Questo ha forse impedito loro di creare imperi politici ed economici? Non mi pare, l’unico impedimento è quello di essere una colonia asservita ad interessi altrui, quelli italiani, diametralmente opposti ai nostri.
Ultimo ma non certo per profondità analitica la posizione dei ‘cittadini del mondo’. Questi moderni filosofi vorrebbero farci credere che sono contro la nazione sarda perché loro sono cittadini del mondo e non perdono certo tempo con le inutili rivendicazioni di noi separatisti, dicono proprio così. Se noi siamo separatisti, qui qualcuno vorrebbe farci credere che è unito anche quello che unito non è. Beh allora dovrebbero prendersela anche col mare, noto separatista che ingiustamente separa la Sardegna dall’Italia, impendendo un sacrosanto ricongiungimento con la madre terra. Seriamente, si è mai visto uno che sia davvero cittadino del mondo, disinteressarsi completamente della cultura della propria terra o del posto in cui vive? Se tutti fossero così che razza di mondo sarebbe? Un mondo senza più culture originali, tutto uguale, estremamente noioso, povero e triste. Una cittadinanza del mondo che sarebbe ben poca cosa, un’affermazione che ha la stessa pregnanza politica di un peace&love modaiolo buttato lì senza neanche capire bene cosa diavolo si stia dicendo.
Per il resto, per quel che mi riguarda, non esiste nessuna opposizione concreta alla possibilità di un futuro statuale sardo, se non quella che noi stessi ci portiamo dietro dopo secoli di colonizzazione e dalla quale non riusciamo a liberarci. E dato che questa possibilità si concede spesso e volentieri ad altre nazioni del mondo, in fine, perché mai non dovrebbe essere concessa anche a noi sardi?
Bravo Ivo.
Si è dimenticato di quelli che invece ripudiano l’idea di stato o di nazione, qualsiasi essi siano, se questi stati e nazioni restano comunque i lacchè delle logiche capitaliste.
Bene, facciamo che la sardegna diventa nazione, buttiamo fuori le basi, buttiamo fuori quelli antipatici, e dopo? il problema delle classi sociali? sparisce d’incanto? ma sparisce perché in sardegna siamo tutti toghi o sparisce perchè la nazione sarda ha tali risorse da potersene fottere dei mercati, delle valute monetarie e di tutta la merda che ci sta attorno??? Io dico che qualsiasi nazione fa cagare visto ciò per cui è nata, volete crearne una in più? accomodatevi!
Con queste conclusioni arrivate sempre e solo al fatto che il problema della sardegna sia l’italia, no arrenesceisi a si scozzai de ingunisi, certo è un problema, anzi, la conseguenza di un problema, io comunque sono uno di quelli che spera il prima possibile in una sardegna indipendente, giusto per poterne finalmente parlare con i fatti davanti e senza tutto questo idealismo, molto romantico ma forse un attimo da rivedere.
Moderare il linguaggio, per piacere.
Questo non è Facebook e nemmeno la pagina di un giornale online con i commenti aperti: non vige alcuna libertà di turpiloquio o di sfogo.
Se hai la pazienza di farti un giro in questo blog, troverai parecchie risposte ai tuoi quesiti. Almeno, per come la vedo io. Ivo risponderà per quel che lo riguarda, se e quando ne avrà voglia.
Grazie ragazzi, mi avete fatto iniziare bene la giornata. Anche domani, ok?