Si parla con una certa insistenza (ma non sui media sardi a maggiore diffusione) della possibilità che la Sardegna debba ospitare nei prossimi anni una o più centrali nucleari, previste nei progetti del governo italiano.
La notizia più concreta al riguardo, uscita su un giornale locale (ILSardegna del 5 marzo scorso) fa riferimento all’audizione in commissine, al Senato, del presidente del INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia) Enzo Boschi. Il dottor Boschi segnala, tra i siti più adatti alla bisogna, la Sardegna, per via della sua conformazione geologica.
Nulla più di una constatazione scientifica neutra (di per sé).
In ogni caso, poca pubblicità sulla cosa.
Ora, l’ottundimento mentale dei sardi ha ormai toccato abissi mai sperati, da chiunque abbia provato a sottometterci o almeno a tenerci buoni. Il rimbecillimento televisivo generalizzato è stato coltrettutto orroborato negli ultimi mesi da casi straordinari:
– il giovanotto di Pirri che vince prima una gara canora sulle reti Mediaset poi addirittura il festival di Sanremo;
– la concessione del G8 da celebrare in quel della Maddalena;
– il dispendio di energie e risorse – queste ultime tutte pubbliche, bisogna dire – del presidente del consiglio italiano nella campagna elettorale sarda (con relativa vittoria sua e del suo fantoccio);
– la prestigiosa opportunità di ospitare a Cagliari nientemeno che un incontro di Coppa Davis della nazionale tennistica italica.
Forse sto dimenticando qualcos’altro. Ma questo è quanto.
Molte attenzioni, dunque, per lo più rivolte a far sentire i sardi felicemente integrati nella grande patria italiana.
Non suona un po’ sospetto tutto ciò? Sarò paranoico, ma per quanto mi riguarda la risposta è: sì.
Tuttavia, che veramente tutte queste premure servano a preparare il terreno per farci accettare (magari con sentimenti di gratitudine) la costruzione di una o più centrali nucleari sul suolo sardo, mi sembra un’interpretazione troppo semplice e lineare. Intendiamoci, non è che la marmaglia al potere brilli per fantasia: quando c’è da menare si mena, quando c’è da militarizzare si militarizza e buona notte ai suonatori (il caso Campania insegna). Ma una forte obiezione alla linearità dell’ipotesi viene dalla consapevolezzza che a chi ha il potere in Italia, di risolvere i problemi di approvvigionamento energetico del paese, non gliene può importare di meno. Tant’è che, comunque, queste fantomatiche centrali entrerebbero in funzione giusto tra una dozzina d’anni (forse).
No, la cosa è più articolata è diabolica. La faccenda delle centrali si concluderà con un bel fiume di soldi pubblici che confluiranno come per magia nelle casse dei soliti noti (potrei fare anche qualche nome, ma preferisco preservarmi da guai superiori alle mie forze). Le centrali non si costruiranno mai, in realtà. Magari, per farci fessi e contenti, la cosa verrà addirittura sbandierata come una vittoria della classe politica isolana (di fede arcoriana stretta, per altro) contro i tentati soprusi dello stato centrale. O come un segno di particolare attenzione del piccolo dittatore di Arcore verso i suoi fedeli sudditi sardi. Nel frattempo, con la totale copertura del segreto di stato e grazie all’ampio appoggio logistico delle innumerevoli strutture militari presenti in Sardegna, ci verranno gentilmente rifilate tutte le scorie prodotte in Italia negli anni in cui le centrali nucleari hanno funzionato e, per soprammercato, visti i recenti accordi in materia tra Italia e Francia, anche un po’ delle scorie transalpine.
O magari verrà orchestrata qualche altra porcheria, tipo il definitivo saccheggio di ciò che rimane delle nostre coste (il neo-eletto presidente sardo in campagna elettorale ha sparato cifre da ricovero urgente in psichiatria, a proposito del potenziamento della capacità ricettiva turistica dell’Isola). Chi lo sa cosa possono decidere questi galantuomini che hanno in mano il nostro destino sol che gliene salti il ticchio (e che ci intravedano una convenienza)!
Il vero dilemma, a questo punto, è cosa combineremo noi. Cosa faranno i sardi? Si sveglieranno dal sonno della ragione provocato a botte di propaganda televisiva, sottosviluppo indotto, deprivazione culturale ed etica eretta a sistema? Ora come ora non è dato saperlo. A livello politico la spartizione è già cominciata, senza che si possa contare su una vera opposizione partitica (fatto fuori Soru, sembra, nessun ostacolo si frappone tra gli interessi consolidati, e privatissimi, delle lobby e la carogna da spolpare). Le elite intellettuali, che in gran parte avevano riversato tutte le loro energie sul cavallo perdente (sperando che bastasse ad esentarle dalle loro pesantissime e mai evase responsabilità pubbliche) sono mute e non danno grandi segnali di ripresa. Fuori dai giri del potere costituito (istiuzionale, economico, mediatico o accademico, tutte componenti che in Sardegna formano un bel coacervo di interessi solidali tra loro), forse qualcosa si muove. Ma troppo lentamente per poter reagire con la dovuta prontezza alla multiforme emergenza che ci aspetta. Mentre la civiltà moderna volge al suo tramonto, ecco che ci tocca correrle dietro per non rimanere travolti prima e più degli altri. Più che correre, in realtà, dovremmo proprio volare. Bisogna inventarsi qualcosa e alla svelta. Chissà che un po’ di strizza atomica non funzioni da antidoto alla nostra proverbiale indolenza e ci sproni a ottenere repentinamente quel che non sono bastati decenni di inutile autonomia e di chiacchiere identitarie a farci ottenere.