Oggi si inaugura a Fordongianus (OR) una due giorni culturale dal sapore decisamente inusuale. Il circuito Liberos presenta se stesso e fa il punto della situazione a tre mesi dalla propria nascita. Un evento apparentemente marginale, nel ribollente pentolone sociale, economico e politico sardo.
Chi legge, chi frequenta internet e i social media avrà forse qualche informazione su questo esperimento collettivo. Eppure anche chi ne sa qualcosa e segue la vicenda da vicino ha difficoltà a sintetizzare in poche parole di cosa si tratti. È il problema delle novità complesse, che sfuggono ai paradigmi assodati. Liberos è dunque di difficile catalogazione.
È un circuito tra lettori, autori, editori, librai e biblotecari, tra agenti letterari e organizzatori di festival, tra associazioni e aziende. Questo è una prima descrizione “meccanica” di Liberos. Liberos è anche un social media, un nuovo agglomeratore di relazioni dentro la Rete. Liberos è anche un gruppo di persone fisiche, che si sono attivate per dare vita e animare questo progetto, sia nella sua parte teorica, sia in quella dei contenuti, sia in quella tecnologica. Liberos è tutto questo.
Nel suo insieme, è un soggetto culturale e al contempo un dispositivo, perfettamente inserito nella tendenza alla socializzazione e alla cultura convergente che caratterizza questa fase storica. E si tratta di un progetto sardo.
Sardo, non solo e non tanto perché nasce in Sardegna e alla Sardegna è prevalentemente rivolto. Ma sardo anche e soprattutto nel senso che trova in Sardegna una condizione privilegiata per la propria esistenza. Mi riferisco a obiettive caratteristiche territoriali e culturali, all’esistenza di un pubblico di riferimento in larga misura già formato (quello dei lettori forti e dei partecipanti ai festival letterari) e di collegamenti già esistenti tra alcuni dei soggetti coinvolti (per esempio molti autori, o le librerie indipendenti, da tempo riunite in associazione).
Perché è così importante Liberos, ci si potrebbe chiedere a questo punto. In fondo si tratta di una cosa fatta da gente che vive di e per i libri, apparentemente distante da altre questioni aperte, dagli aspetti più materiali e drammatici di una crisi che continua a produrre effetti devastanti a tutti i livelli della nostra esistenza individuale ed associata. A tale quesito la prima risposta da dare potrebbe essere la seguente: il fatto che l’oggetto centrale dell’azione di Liberos sia il libro non elimina tutte le sue connotazioni più ampiamente culturali, nonché quelle inevitabilmente politiche (in senso proprio, non certo nel senso deteriore che usualmente si dà a questa espressione), né quelle economiche.
Sappiamo quale difficoltà stia attraversando oggi il mondo librario e in generale quello della carta stampata. Mutamenti di natura e origine complesse fanno sì che in questa fase storica si stiano indebolendo alcune strutture portanti della Modernità e della Contemporaneità europea, ormai largamente globalizzate. La rivoluzione costituita dalla diffusione della stampa sembra incontrare un ostacolo nella fase di complessivo arretramento culturale e nell’imporsi di nuovi media di massa.
Non bisogna dimenticare però la lezione di M. McLuhan. La comparsa di un nuovo medium non elimina i media che c’erano già, bensì ridisegna il campo delle possibilità a disposizione degli esseri umani, modificando l’intero armamentario mediatico e i suoi singoli elementi. La stampa non ha eliminato la scrittura a mano, la televisione non ha eliminato la radio, internet non ha eliminato la televisione. Ogni nuovo medium modifica l’intero sistema e costringe tutti gli altri ad adattarsi, a cambiare.
Il vasto dibattito sulla sorte del libro cartaceo e addirittura del libro tout court mi pare che spesso non tenga conto della lezione della storia e si affanni a trovare cause particolari e soluzioni altrettanto limitate ad un problema che invece è estremamente complesso e articolato, su cui probabilmente sarà impossibile agire efficacemente con strumenti troppo specifici e a livello periferico o settoriale.
Sicuramente una delle risposte pragmatiche che si possono dare si trova nell’attivazione delle relazioni, all’interno dunque del fenomeno della convergenza. Il che significa mettere in campo pratiche che hanno un elevato tenore di politicità, alle quali non sono estrenee – in questo campo specifico – nuove forme di remunerazione del lavoro intellettuale e nuove forme di valorizzazione dei vari elementi della filiera del libro.
Liberos nasce precisamente dentro questa atmosfera, dentro la consapevolezza di dover fare qualcosa di convergente, in rete, col coinvolgimento di tutti i soggetti interessati o in varia misura toccati dalla questione. La bravura di chi ha dato vita al progetto è stata soprattuto di individuare un percorso pratico per dar corso a un’intuizione che poteva sembrare solo fantasiosa e nel creare i mezzi e le relazioni necessarie a renderlo vivo.
Il che va al di là della convenienza economica per i librai o per le biblioteche o per gli autori stessi di far parte del circuito. E va al di là della gratificazione che i lettori potranno trarne. Questi sono elementi presenti e strutturali, senza i quali il progetto non si reggerebbe, naturalmente. Nondimeno il combinato disposto di tutte le parti del progetto è un nuovo paradigma sociologico e antropologico, che va al di là dei suoi obiettivi espliciti e dei singoli elementi materiali e teorici che lo compongono.
Molti, anche in questi giorni, si chiedono preoccupati quale sorte attenda la Sardegna. Stanno venendo al pettine tutti i nodi che la nostra contemporaneità, da duecento anni a questa parte, anziché sciogliere ha aggrovigliato. Nodi economici, sociali, culturali e politici. Categorie produttive allo sbando, messe in crisi forse (e forse in molti casi) da pessime pratiche aziendali, ma soprattutto da una pessima politica a cui ci si è per troppo tempo affidati. Categorie sociali impoverite e incattivite dalla deprivazione materiale e da aspettative decrescenti, una classe dirigente mediocre e servile, cui nemmeno la connaturata furbizia e la complicità dei mass media principali bastano più a nascondere la cruda realtà. L’evidenza concreta della necessità che la Sardegna prenda immediatamente decisioni collettive di tipo storico, strategico, strutturale, prima di soccombere alle spinte della storia.
Ebbene, in questo frangente così drammatico, la via d’uscita ce la indicano proprio progetti come Liberos. Connettere, fare rete, mobilitare forze, coinvolgere i cittadini, le persone, le categorie sociali, gli operatori culturali ed economici, non più chiamati in causa per difendere un interesse individuale o corporativo, ma per condividere esperienze, strumenti e competenze. Certo, è un paradigma alieno rispetto all’apparato normativo della contemporaneità, alle forme del capitalismo assoluto dentro cui si muovono ormai non solo l’economia e la finanza ma anche la politica e la cultura. Ma proprio per questo è un esperimento potenzialmente fecondo.
Una smentita clamorosa, tra l’altro, dell’egemonia culturale che domina la Sardegna da troppi decenni, quella che ha prodotto la nostra percezione di noi stessi come collettività storicamente fallita, disunita, incapace di assumersi la responsabilità di se stessa, di pocos locos y mal unidos. Tutti costrutti mitologici artificiosi, imposti a proprio vantaggio da interessi materiali e politici precisi, che vedevano nella dipendenza e nella subalternità dei sardi il miglior strumento di dominio.
Ecco perché Liberos ha molto a che fare con i libri ma ha anche molto a che fare con la libertà. Il gioco linguistico consentito dal suo stesso nome evoca l’ulteriore significato di questa esperienza, ancora all’inizio ma già così dirompente nel suo impatto simbolico.
Leggere, conoscere, intessere relazioni, creare narrazioni libere di noi stessi e del mondo, sono alcuni degli strumenti basilari della nostra possibile emancipazione come collettività storica. Avere a disposizione uno strumento versatile e molteplice, che consenta di attivare tutte queste funzioni culturali e politiche, è una grande fortuna e un ottimo esempio di cui fare tesoro.