Chi non conosce la storia è condannato a ripeterla!

angioy_a_ssTempo di elezioni in Italia, ma – fra breve – tempo di elezioni anche in Sardegna.

 

In assenza di un vero dibattito pubblico, di animate elaborazioni da parte di una intelligencjia “in attesa degli eventi”, mi piace citare brevemente due testi significativi. Giusto per dare un po’ di profondità storica a processi che sembrano scaturire sempre dal quotidiano e dal contingente gioco delle forze in campo.

 

Niente di più ingannevole. Trattasi di magagne datate, inerenti i processi profondi in cui la Sardegna è immersa da parecchio, da secoli.

Leggere per credere.

Intantu in s’Isula nostra

Numerosa Gioventude

De talentu, e de virtude

Ozïosa la lassàna;

E s’algunu n’impleàna

Chircàna su pïus tontu

Proghi lis torràda a contu

Cun Zente zega tratare.

Procurade ‘e moderare

Barones sa tirannia

[Intanto nella nostra Isola/numerosa gioventù/di talento e di virtù/lasciano in ozio/e se ne impiegano qualcuno/cercano il più stupido/perché conviene loro avere a che fare/con gente cieca/…]

 

È la strofa 36 del famoso Innu de su patriota sardu a sos feudatarios, di F.I. Mannu (1795-6?). A qualcuno ricorda qualcosa? Sono cambiati i criteri di selezione per la nostra classe dirigente, da parte dei centri di potere esterni che la scelgono e la legittimano?

 

Va be’, facciamo che è una domanda retorica.

 

E ora veniamo a un altro brano, tratto da un testo molto meno famoso del primo, ma non meno significativo.

Meno che in pochi centri, e anche in una piccola minoranza, conservatori e liberali, democratici e radicali sono parole senza contenuto; […] eppure i partiti sono vivi, tenaci, intransigenti, battaglieri: ma non sono partiti politici, né partiti mossi da interessi generali o locali, sono partiti personali, consorterie nello stretto senso della parola. […]Si mettono alla dipendenza dei maggiori partiti, da cui ricevono in cambio protezione ed aiuto efficace nelle piccole contestazioni locali e soprattutto protezione personale per ottenere favori e per sfuggire alle conseguenze delle violazioni di legge e talvolta di delitti. […]È una specie di graduale vassallaggio, che con peggiori e più tristi conseguenze si è sostituito all’antica soggezione feudale.

Si tratta della relazione del deputato ozierese (che coincidenza!) F. Pais Serra al governo italiano. Anno: 1896. Un secolo esatto dopo l’Innu del Mannu. Anche qui, mutatis mutandis, difficile non ritrovarsi.

 

Entrambi i testi risalgono a fasi della nostra storia alquanto turbolente. Il primo, come si sa, fu scritto nel bel mezzo della Sarda Rivoluzione. Il secondo dava conto con disincanto della degenerazione che la marginalizzazione della Sardegna a provincia periferica del nuovo stato italiano aveva cristallizzato in forme patologiche.

 

Di lì a pochi anni, ci sarebbero state spedizioni militari (1899) e rivolte di lavoratori e di piazze esasperate (1904-6). Andava diffondendosi un diffuso senso di ribellione, votato alla riappropriazione di sé (si parlava allora di emancipazione e correva di bocca in bocca la sentenza “a mare sos continentales”: cose risapute, ne abbiamo già parlato).

 

Insomma, il succo è questo. Se da almeno duecento anni certi fenomeni degenerativi non hanno smesso di affliggerci, forse è il caso di farcene una ragione, cercando di trovarne le radici con mente libera e onestà intellettuale.

 

So che questo appello non sarà raccolto dalla gran parte dei nostri elaboratori di senso, troppo impegnati a restare appiattiti sull’agenda dettata dall’egemonia italiana. Ma a molti sardi appare sempre più evidente che si debbano abbandonare le scappatoie e le giustificazioni per puntare a qualcosa di radicalmente nuovo.

 

Se mancherà una elaborazione teorica e politica in grado di codificare le pulsioni spontanee e guidarle entro un alveo democratico e condiviso, non potranno che venirne pessime conseguenze.

 

Il che – ho paura – è quello che la classe dominante in una certa misura si augura.

Il nostro dovere – nostro, voglio dire, di noi che propendiamo per un affrancamento storico dei sardi dalla propria condizione subalterna – è sabotare tale piano.

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